venerdì 14 aprile 2017

Venerdì Santo

Per molti anni mi sono chiesto che senso avesse la teoria della “soddisfazione vicaria”, la cui formulazione appare fortemente impregnata di giuridismo e dà l'immagine di un Dio fanatico, assetato del sangue del suo Figlio. Che padre può essere un padre che “offre” suo figlio, o anche solo “permette” che si abbattano su di lui tutte le tempeste del mondo, tutti i peccati, tutta la sofferenza di cui proprio in questi giorni siamo spettatori?
Marc Chagall - Crocifisso bianco
Stamattina la prima antifona delle Lodi Mattutine diceva: 
“Dio non ha risparmiato il suo unico Figlio: 
lo ha dato alla morte per salvare tutti noi”
(riprendendo Rm 8,32).
E ho avuto come una illuminazione.
Ho immaginato che in una grande città si scateni un incendio enorme nel carcere di massima sicurezza. Il direttore chiama i Pompieri. Il capitano dei pompieri della città invia i suoi uomini migliori, che tentano l'impossibile per salvare i detenuti, ma invano. Ne tornano scottati, ustionati, intossicati.
Nel suo reparto lavora anche il suo unico figlio, bello come il sole. Ha trent'anni, ha fatto tutti i corsi di specializzazione, è esperto, pratico, intelligente, intuitivo, sprezzante del pericolo. Ha una passione per le persone in difficoltà, ha ricevuto già l'encomio da parte del sindaco perchè si è gettato nel fiume per salvare una donna che voleva suicidarsi, una volta è salito su un tetto a ricuperare un gatto a una bambina, ha infilato le mani dentro un tritacarne perchè un macellaio rischiava di perdere un dito. E mille e mille volte ha effettuato servizi più o meno riconosciuti.
Fin da piccolo il padre gli raccontava le storie di salvataggi, azioni, interventi impossibili fatti da lui... la passione gli è nata in casa, l'ha respirata da sempre e l'ha fatta sua.
Ora il padre è in angoscia: sa che il figlio, il suo unico figlio, sarebbe la persona adatta...
Ma se l'ordine partisse da lui, e il figlio, facciamo gli scongiuri, restasse dentro quell'incendio, lui non potrebbe più guardarsi allo specchio. E poi, chi lo direbbe a sua mamma, che pur essendo madre di un pompiere, e conoscendo i pericoli a cui va incontro, vorrebbe con tutto il cuore che il figlio ritornasse a casa sano e salvo?
Eppure questo figlio sta fremendo, è in attesa di ricevere un ordine. Ha detto al padre di essere pronto a entrare in quel carcere e salvare i detenuti rinchiusi. Non è un fanatico, anche lui ha paura, lotta, perché quando il padre gli darà l'ordine possa partire senza indugio.
Il padre lo terrà in casa perchè è suo figlio?
O si strapperà il cuore ma farà la scelta giusta? O il figlio vorrà stare comodamente a casa, quando in quel carcere tanta gente rischia di fare la fine dei topi? Lui che si è preparato con anni di addestramenti, di azioni sul campo, per giungere a questo momento, fosse anche l'ultima azione della sua vita?

Ecco, stamattina mi si è aperto un mondo nuovo. E forse ho intuito un po' di più cosa significano le parole di Paolo: 
Egli che non ha risparmiato suo figlio, ma lo ha consegnato per noi tutti.

Icona della Risurrezione

P.S.: E' probabile che altri abbiano proposto in passato immagini simili a quella del pompiere e dell'incendio, ma a me è balzata solo oggi al cuore e alla mente, e la offro così...

6 commenti:

  1. Grazie della fiducia. Come con tutte le parabole, ognuno ci aggiungerà del suo, e tutto servirà. Io apprezzo molto il fatto che all'inizio l'incendio scoppia senza nessun colpevole, a quanto pare. Certe cose succedono dove ci sono materiali infiammabili. Anzi, io lo avrei fatto scoppiare proprio nella caserma dei pompieri. Dunque?

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  2. Eh, bella domanda! Ma come tutte le parabole, i personaggi, i luoghi non si possono applicare tali e quali alla realtà.
    Fosse scoppiato nella caserma dei pompieri, penso che tutti i pompieri si sarebbero messi a lavorare... Il carcere dà l'idea di persone intrappolate, che da sole proprio non possono fare nulla.

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  3. Giustissimo. E forse per chi ha fatto la tesi su Meister Eckhart può ricordare "il nulla" almeno da parte dell'uomo... In realtà il mio rimando all'incendio nella caserma stessa era un po' distraente dal punto principale e cioè che nella tua parabola non parli di "colpa", e quindi il concetto stesso di "sofferenza vicaria" viene minato alla base nella premessa implicita che si tratti di "espiare una pena al posto di". Mentre, in fondo nella tua parabola si tratta soprattuto di "vivere con" e, secondo il vangelo di Giovanni "amando fino alla fine", in pieno accordo, bien sûr, tra Padre e Figlio, senza dimenticare lo Spirito, per il quale ci vorrebbe anche un ruolo nella tua parabola...

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  4. Caro Marco, intanto ben tornato. Mi ha preceduto Antonio Pinna nel commento è sono d'accordo con lui. La parabola è interessante, ma non risponde alle premesse che hai fatto e che sono le stesse domande che anche io mi pongo da tempo. Per me non può esserci nessuna soddisfazione vicaria per il semplice fatto che Dia Padre non esige nessuna vendetta, non è minimamente offeso, non dico dal peccato originale che in un contesto evolutivo non esiste,
    ma neppure dai nostri peccati personali. Il discorso sarebbe lungo e complesso da trattare, specie in un blog, ma ritengo importante che si metta il problema è non si abbia paura di essere considerati "eretici"... Buon lavoro Marco e buona pasqua.

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  5. Grazie Tonino!
    Io penso che il peccato, il male inteso come male volontario, fatto da uomini, che colpisce altri uomini (in questo senso il peccato è sempre un peccato contro gli uomini, non tanto contro Dio), abbia bisogno di una via di uscita, di una riparazione, come una ruota bucata che non può funzionare finché non l'aggiusto, e che non si ripara da sola se non interviene qualcuno dall'esterno. Non ha in sé un modo di autoripararsi. L'uomo è tale per cui non si crea da solo né guarisce dal peccato da solo.
    Detto questo la sofferenza vicaria in questa parabola è espressa dal fatto che il figlio pompiere non sta comodamente seduto a vedere bruciare i carcerati, ma entra in carcere e subisce le loro stesse conseguenze, prendendole su di sé per tirarli fuori. Non è che il padre sia offeso perché qualche deficiente ha forse appiccato il fuoco (don Antonio diceva che c'è materiale infiammabile, quindi è facile che basti un cerino...), Ma il padre capitano dei pompieri ha a cuore quelle persone, che anche se carcerati e in trappola, sono pur sempre suoi simili, persone per le quali ha giurato (Alleanza?) Di compiere il suo dovere di pompiere fino alle estreme conseguenze.
    Non vuole vendetta, vuole salvarli... (In questo senso: Dio ha tanto amato il mondo da consegnare il suo figlio; e ancora: Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi).la sofferenza vicaria è dunque il prendere su di sé del Figlio le conseguenze dell'incendio.
    E poi non dimentichiamo che è una parabola... Quindi il genere letterario lo conoscete!

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  6. E infatti "ha vissuto con" chi faceva il bene e chi faceva il male, fino al calvario. In quel "vivere con", molto concreto e incarnato, "ha conosciuto" il bene e il male, nel senso soprattutto di buoni e cattivi, non troppo distinti tra loro del resto (cf Pietro soprattutto). E "lì e allora" ha amato "fino alla fine", anche perdonando gli uni e gli altri (visto il mix). Se è valso "lì e allora" vale anche "qui e ora", cioè "sempre e dappertutto". Voler trovare teorie universali al di fuori di una "universalizzazione del vissuto incarnato" mi sembra tipico di un certo razionalismo contabile travestito da teologia, che poco ha a che fare con quell'incarnazione per la quale un prefazio dice "hai amato in noi ciò che tu amavi nel figlio". Grazie... in vigilia.

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