mercoledì 24 maggio 2017

La gioia è sempre di Dio, la tristezza del diavolo

Che tristezza leggere riflessioni episcopali di questo tipo. Che tristezza fare analisi così negative della società, come se tutto andasse a catafascio, come se non esistesse più la differenza tra bene il male, con una totale sfiducia sulle capacità degli uomini e delle donne di riconoscere il bene dal male, capacità insita nella creazione, in quel mistero di corpo e anima che noi siamo, così come ci ha voluti Dio, plasmati guardando il suo unico Figlio.
Che tristezza leggere queste riflessioni a caldo su un fatto così tragico come un attentato terroristico, dove – come afferma egli giustamente – l’atteggiamento più adatto è il silenzio.

«Nessuno vi ha dato delle ragioni adeguate per vivere», dice Negri. Ma scusi, che ne sai lei, monsignore? Che ne sa di quelle famiglie, di chi sono i genitori, di chi sono i nonni, gli insegnanti? Il fatto che vivano in una società “liquida” le fa fare l’automatismo che essi sono dei debosciati solo perchè vanno a un concerto di una cantante americana (di cui peraltro non ricordo neanche il nome, perchè son cose da ragazzini, lo ammetto, ma non in sé stupide perchè da ragazzini).
Forse faccio il processo alle sue intenzioni, come lei l’ha fatto alle intenzioni delle vittime, ma per il solo fatto di partecipare a un concerto a Manchester le sembra che possa etichettare i morti e l’intera generazione come gente che non ha ragioni adeguate per vivere?
Ma davvero lei crede che cantare a squarciagola, commuoversi pensando al proprio fidanzatino, alle proprie amicizie, abbracciarsi con l’amica del cuore, sorridere ai propri genitori che hanno dato il consenso (forse dopo molti “no”) a partecipare a un concerto, ma davvero lei crede che tutte queste cose siano espressione di una «Vita sprecata non per colpa vostra ma per colpa dei vostri adulti»?

Lei sa, eccellenza, dovrebbe almeno sapere, che dove c’è la gioia, persino dove c’è l’allegria spensierata, lì il diavolo non può entrare, perchè il regno del Male (sì di quella persona – per quanto chiamarlo persona a tutti gli effetti sia forse eccessivo, ma non stiamo a discutere di sottigliezze filosofiche) è il regno della Tristezza, imposta e regalata ai suoi adoratori. Lei sa che il piacere l’ha creato Dio, e che ogni scintilla di piacere, anche quella che nasce da una situazione sbagliata è una potentissima apertura verso Dio e non la porta spalancata dell’inferno. Lei sa che ogni gioia autentica, ogni allegria sincera, anche quella effimera che dura una sera e poi non c’è più, l’ha fatta Dio.
Lei lo sa, perchè allora ragiona così?
Foto Renato Patat

Lei dice: Poveri voi, vi hanno insegnato due cose sbagliate, che sono il cardine della vostra vita: «Due grandi principi: che potete fare quello che volete perchè ogni vostro desiderio è un diritto; e l’importanza di avere il maggior numero di beni di consumo».
È vero, questa società è consumistica, è una società dei molti diritti e dei pochi doveri. Ma lei è sicuro che questa generalizzazione sia adeguata?
Soprattutto lei è sicuro che tutto ciò sia colpa (visto che lei cerca le colpe) dei loro genitori?
Soprattutto lei è sicuro che pur essendo questi principi largamente diffusi, non resti nel cuore dell’uomo, di ogni uomo, l’anelito a qualcosa di più di ciò che è immediatamente consumabile e del soddisfacimento dei suoi desideri?

«Non dimenticheranno di mettervi sui marciapiedi i vostri peluche, i ricordi della vostra infanzia, della vostra prima giovinezza»: che tristezza (non diabolica), mi permetta, eccellenza, che lei che è un uomo di Chiesa, un uomo di Dio, ma pur sempre prima di tutto un uomo, derida un’usanza così umana, direi così intima, come quella di circondare i morti di ciò che in vita era a loro caro.
Lei sarà seppellito, se le faranno il funerale in cattedrale (tra parentesi i funerali degli ultimi papi li hanno fatti in piazza: andava bene lo sfondo del colonnato del Bernini o era troppo naturalistico e antropomorfico?), sarà seppellito con le vesti episcopali (anello e croce no, perchè quelli son preziosi e son destinati al museo diocesano o a qualche amico candidato all’episcopato), le metteranno una stola sulla bara, forse il vangelo.
Sono segni di ciò che è stato caro prezioso, importante per la sua vita.
Lei sa, conosce il valore dei segni, per essere così sprovveduto da deridere una usanza simile.
Cosa vorrebbe che un ragazzino di 13 anni venisse ricordato col Messalino domenicale o con lo Zibaldone di Leopardi?
Suvvia eccellenza. A me pare che quella sua definizione di «vecchio vescovo» sia una sorta di captatio benevolentiae untuosa (ancora le faccio il processo alle intenzioni, sì, lo ammetto). Lei scrive queste cose né perchè è vecchio né perchè è vescovo, lei scrive queste cose perchè non ha fiducia in Dio e non ha fiducia nell’uomo.

Il nostro comune Maestro, a me pare, non ragionava esattamente così. Scacciava le prefiche dalle stanze dei morti, allontanava i demoni, combatteva il Male e la mancanza di vino... portava la gioia, anche in quelle forme più umane e “laiche”, se così vuol chiamarle, dell’allegria di una festa. Era considerato un mangione e un beone, quello che noi diremmo oggi “uno che si diverte”. Era considerato... che significa: vedevano in lui solo l’esteriorità di uno che si portava al centro di ogni festa a Cafarnao come a Gerusalemme, senza vedere in profondità da cosa originava la gioia che irradiava.
Mi spiace, eccellenza, ha perso un’occasione per tacere, come auspicava lei stesso nel suo articolo.
E ha dato a me una ragione di peccare.
Ma questa è una mia colpa, non gliela accollerò neppure in confessionale.
Henri Matisse, Icaro

3 commenti:

  1. Grazie. Le parole di Negri, anche se siamo purtroppo abituati a simili exploit da parte sua, sono davvero orribili. In esse non vi è né pietà né amore, ma solo chiusura ed incomprensione verso una società che, pur con tutti i suoi limiti, va invece custodita come qualcosa di prezioso. Solo attraversandola senza lanciare anatemi, ma con uno sguardo amico, possiamo pensare di incontrare a chi in essa è dato di vivere.

    RispondiElimina
  2. Condivido totalmente il tuo pensiero. Grazie don Marco.

    RispondiElimina
  3. Parole degne di un vero Sacerdote, vero uomo di chiesa, e vero uomo in generale. Bravo don Marco, e grazie. Queste tue parole abbattono il muro che ultimamente ho innalzato nei confronti di alcuni sacerdoti. Dovrei avere ancora il tuo numero, e ti spiego in privato i motivi di quel commento un pò acido che ho scritto a proposito dell'altro tuo articolo, ottimo anche quello, ma che ho usato come spunto per parlare di altro

    RispondiElimina