domenica 25 marzo 2018

Omelia per la Domenica delle Palme "De Passione Domini"


O uomo sconosciuto della brocca, che hai avuto l'unico "merito" di indicare ai discepoli la casa dove avrebbero preparato per fare Pasqua con il Maestro, insegnaci a servire nella comunità senza fare conti, senza calcolare, senza voler essere sempre ringraziati, sempre ricompensati, sempre importanti.
Il vangelo di oggi ci racconta di gente che calcola: un profumo di 300 denari; la vita del maestro che si può comprare con dei soldi; le sue vesti, vinte da un soldato giocando a dadi...
O uomo sconosciuto della brocca, insegnaci a non fare conti nella vita e nella fede!
Gerusalemme - Orto degli Ulivi

Perché alla tua mensa, Signore Gesù, nessuno è escluso.
Ce lo hai confermato quando hai offerto il calice: Il mio sangue versato per la moltitudine.
Versato per Arnaud, gendarme francese, che da non molto aveva riscoperto la fede e si doveva sposare a giugno col sacramento, che due giorni fa si è offerto al posto di una donna ostaggio di un terrorista a Trèbes, in Francia.
Versato per Beauty, Bellezza, che ha incontrato invece la bruttezza di questo mondo nelle sembianze dei gendarmi al confine francese, che l’hanno respinta. Beauty era nigeriana, portava un bambino in grembo, era gravemente malata ed è morta dopo aver dato alla luce una creatura di 700 grammi, che hanno voluto chiamare profeticamente Israel, che speriamo vinca la battaglia della vita. Suo marito era sans papier, senza documenti, come dicono loro, e lei non l’ha voluto abbandonare. Perché in questo mondo se non hai i documenti tu non sei nessuno, non basta più guardarci in faccia, temiamo alzare lo sguardo per incontrare quello del fratello.
Sangue versato persino per i gendarmi che li hanno respinti.
Versato, ed è qui che ho i brividi a dirlo, anche per me, che sono tuo prete, e che spesso rifiuto questa tua carezza sulla mia vita, Signore.
Prendete, è per voi! È gratis.
Non una palma io vi offro per sanare la vostra sete, per guarire la vostra infermità, ma la mia stessa amicizia, che non chiede nulla in cambio. Avrete il coraggio di accettarla?

O donna di Betania, anche tu senza nome. Insegnaci a far spreco del nostro amore al Signore, nonostante le critiche dei benpensanti, di coloro che si riempiono la bocca di parole come “poveri”, “carità”, “solidarietà”, e che poi però la carità vorrebbero farla con i soldi degli altri, che non sono disposti a metterci del proprio, a giocarsi la vita.
Sì, Signore, forse esagero e non dovrei giudicare, ma l’hai detto tu: “Lasciatela in pace, perché la infastidite? Ella ha compiuto una buona azione verso di me”.
Insegnaci, donna di Betania, a non separare mai l’amore a Gesù dall’amore al prossimo, soprattutto se povero. A non fare della nostra carità una bandiera da mostrare orgogliosi agli altri, ma semplicemente la naturale prosecuzione di un amore che inizia nella tua croce, anzi, nel tuo sepolcro, quando l’amore sembra definitivamente chiuso nella tomba.
Fa’ che nella nostra comunità non ci giudichiamo per vedere chi fa di più e come lo fa, ma che sappiamo riconoscere i gesti di bontà di chiunque, ed apprezzarli, come fatti a Te, Signore Gesù.

Insegnaci tu, Simone di Cirene, oggi e sempre, a portare la croce insieme a coloro per i quali essa è troppo pesante. Sappiamo che anche noi abbiamo un Alessandro e un Rufo che ci attendono a casa, che forse hanno già pronto il pranzo per noi, ma tu ricordaci che fermarsi a soccorrere un disgraziato è un atto di carità, non solo una costrizione impellente fatta con la punta della spada di un soldato romano.
Facci scoprire, al di là delle nostre comodità, che portare la croce con qualcuno che non ce la fa è ancora un gesto noto alle nostre famiglie, alle nostre amicizie, alla nostra comunità cristiana.
Che è più importante sollevare il legno della croce dalle spalle di un povero cristo, che portarsi un ramo di ulivo a casa e non guardare in faccia mio fratello.

Facci sentire, Signore, che ancor prima che il gallo canti, ricordandoci i nostri tradimenti, tu ci hai amato di amore eterno, ci conservi pietà a causa della nostra disgraziata paura. Che il nostro pianto nel ricordare il tuo annuncio di tradimento imminente, non può e non deve mai essere di disperazione, ma sempre di rinnovamento e di gratitudine.
George de la Tour - Tradimento di Pietro


O Signore, noi sappiamo che ti dimentichiamo troppo spesso, che ti rinneghiamo, ti misconosciamo, ma tu ricordi anche a noi ciò che dicesti ai tuoi discepoli quella notte: Vi scandalizzerete, sì, cadrete tutti, nessuno escluso. Ma dopo che sarò risorto, io camminerò di nuovo davanti a voi, e voi dietro di me: cioè io non vi rifiuto mai! Vi ho chiamati a seguirmi, e anche quando cadete, io continuo a invitarvi a seguirmi.
Perché questo è il senso del tuo morire: un prendere su di te la nostra sofferenza, persino la nostra incomprensione verso di te, persino il nostro tradimento.
Non da supereroe, ma da uomo, da amante, da amico, da padre.
E dirci che ci ami. E che vuoi che anche noi ripartiamo da qui, a vivere la nostra vita come te.
Facile? Difficile? Che importa tutto questo, se tu sei con noi, se tu hai promesso che ci precedi, se tu sei il nostro pastore mite, che cavalca un puledro d’asina?
Torino - Cappella del Sermig

Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
sono una caricatura d’uomo
disprezzato dal popolo
Si burlano di me su tutti i giornali
Mi circondano i mezzi blindati
le mitragliatrici sono puntate su di me
ho intorno il filo spinato
filo spinato elettrico.

Tutto il giorno mi chiamano all’appello.
Mi hanno tatuato un numero
mi hanno fotografato tra il filo spinato
e come in una radiografia
si possono contare tutte le mie ossa.
Mi hanno strappato la mia identità
Mi hanno condotto nudo alla camera a gas
e si sono divise le mie vesti e le mie scarpe
Grido chiedendo morfina
e nessuno mi ascolta
grido con la mia camicia di forza
grido tutta la notte
nell’ospedale dei malati mentali
nel reparto dei malati incurabili
nell’ala dei malati contagiosi
nel ricovero degli anziani
agonizzo bagnato di sudore
nella clinica dello psichiatra
soffoco nella camera d’ossigeno
piango nel posto di polizia
nel cortile della prigione
nella camera di tortura
nell’orfanotrofio
sono contaminato dalla radioattività
e nessuno mi si avvicina per timore di contagio

Ma io potrò parlare di te ai miei fratelli
Ti esalterò nella riunione del nostro popolo
Risuoneranno i miei inni
in mezzo a una gran folla
I poveri prepareranno un banchetto
Il nostro popolo celebrerà una gran festa
il popolo nuovo che sta per nascere (Ernesto Cardenal)

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