domenica 8 dicembre 2019

Omelia per l'Immacolata - Ingresso come parroco a Sa Zeppara

È più facile obbedire o fare quel che ci pare, quel che “sentiamo”?
Ci vuole più forza a obbedire o a fare quel che vogliamo?
A volte sembrerebbe più facile obbedire, per esempio quando non vogliamo decidere, non vogliamo prenderci responsabilità.
Ma in fondo spesso si pensa che chi obbedisce sia un “debole” perché non agisce di propria iniziativa. E allora i veri forti nel mondo sono coloro che agiscono di loro iniziativa, che non ascoltano ciò che altri dicono, che sanno cosa vogliono e lo portano avanti senza farsi comandare da nessuno.
Oggi il mondo è pieno di paladini della libertà, ogni legame anche minimo è visto come una costrizione insopportabile che dobbiamo evitare come la peste.
Allora, se obbedire significa semplicemente eseguire degli ordini, certamente può essere facile, e in fondo può persino farci comodo: altri decidono per noi.
Ma l’obbedienza di cui parlano le sante scritture, non ha nulla a che fare con questo tipo di obbedienza.
Il “sì” che Maria pronuncia, “avvenga di me secondo la tua parola”, davanti alla proposta del Signore attraverso l’angelo, non indica un’obbedienza cieca, ma una grande responsabilità, una grande forza e una grande determinazione.
L’uomo e la donna nel giardino di Eden si nascondono, fanno lo scaricabarile: è colpa della donna che mi hai messo a fianco, è colpa del serpente...
Sembrerebbe che se la vogliano cavare deresponsabilizzandosi.
Per Maria è l’esatto contrario: Maria è responsabile dicendo sì.
Io me la immagino questa ragazza, provate a immaginarla, forse quindicenne, che di fronte a qualcosa di così grande, dopo aver chiesto come avverrà tutto questo, perché è una ragazza intelligente, mica una stupida, Maria, ebbene: Maria dice “Sì”. Quanta forza ci vuole nella vita a dire sì di fronte a situazioni che ci sembrano impossibili? Che non significa rassegnarsi, accettare supinamente. Tutt’altro: significa prendere in mano la propria vita, prenderla sul serio, comprenderne la serietà e accoglierla. Perché lì passa la strada che porta a Dio.
Responsabilità e obbedienza sono in fondo la stessa cosa.
Pensiamo alla nostra vita: cosa significa per una mamma, per un padre, per un amico, un figlio, essere obbedienti? Non semplicemente “fare quel che altri ci dicono”, ma essere responsabile: è quando io sono responsabile dell’impegno che prendo, della parola che do, che posso anche diventare obbediente al mio essere genitore, figlio, fratello, amico.
Tutto sta allora nel capire che senso hanno le nostre parole, che peso diamo alle nostre parole.
Oggi probabilmente la parola data conta molto poco, e forse è anche per questo che ci fidiamo poco della parola che Dio ci rivolge.
Chiesa Beata Vergine delle Grazie
Allora io penso che oggi, nella festa dell’Immacolata Concezione di Maria, la nostra Madre voglia dirci ed indicarci questo atteggiamento essenziale nella vita: imparare a essere responsabili del bene che riceviamo, dei doni che riceviamo, di qualunque tipo essi siano. Non parlo ovviamente delle cose materiali, certo anche di quelle, ma soprattutto nelle relazioni, nei doni interiori, nella vita quotidiana. Responsabili di ciò che ci precede, di ciò che non ci siamo fatti da noi stessi.
Allora saremo anche obbedienti alla nostra missione nel mondo, la vivremo con responsabilità e con amore.
Un inizio è sempre qualcosa di incognito: anche oggi, proprio nella liturgia in cui si parla di un cominciamento, di una vita che nasce, io inizio tra voi a condividere un po’ di strada. Sarà a volte faticosa, a volte un po’ fangosa, a volte stretta. A volte serena. Non lo sappiamo.
Quel che sappiamo è che Dio benedice gli inizi, che ci ha benedetto fin dall’inizio, prima ancora che fossimo presenti materialmente su questa terra.
Noi crediamo a questa benedizione primordiale da parte di Dio, benedizione che si è manifestata in Gesù. Più lo accoglieremo e più comprenderemo che essere benedetti non significa che ci vada tutto liscio nella vita, ma che la meta di ogni nostra esperienza è la risurrezione.
Ecco perché ci è lecito sperare che ogni nuovo inizio possa essere per noi un’occasione per vivere e sperimentare la risurrezione.
Abbiamo bisogno di riprendere questa fiducia semplice, come Maria, colei che si è fidata della Parola di Dio.
Abbiamo bisogno di diventare responsabili e obbedienti.
Perché ci vuole più forza e più coraggio ad obbedire alla vita, che non a condurre una vita libera o forse libertina.
Ci vuole più coraggio a obbedire ai nostri affetti veri, che vivere distaccati da ogni legame duraturo.
Obbedire alla vita, con autenticità, è un modo per cominciare a credere un po’ di più in Dio. È un modo per permettergli di plasmarci, di plasmare il nostro cuore perché possa nascere in noi il desiderio di crescere nella responsabilità, crescere nel dire sì. 
La vita inizia sempre da un sì: nel sì di Maria possiamo incastonare i nostri sì, a volte più convinti, a volte più titubanti, perché lei ci aiuti a portarli a compimento.
Aiutiamoci a vicenda a dire “sì” a Dio nella nostra vita.
Forse sarà umile e poco appariscente, non importa. Il Signore ama agire nel nascondimento e nel silenzio.
Ma solo così la nostra vita sarà feconda, sarà portatrice di vita e di speranza per il mondo. 
Amen



Chi sale verso Dio non si ferma mai, perché riprende di inizi in inizi, verso inizi che non hanno mai fine.