giovedì 27 giugno 2019

Quel papà affogato potevo essere io

Non riesco a smettere di piangere dopo aver visto il papà salvadoregno morto annegato sul Rio Grande con la sua bambina di due anni mentre cercava di varcare la frontiera americana.

In aeroporto vedo un marcantonio di due metri di altezza per forse 130 kg rovistare dentro il cestino della spazzatura dell’umido e, tirando fuori due bustine con arance e mele, tastarle per capire se sono ancora buone. Trascina un carrello con tante borse, una coperta, altri oggetti. Capisco che è un senzatetto. Porta al collo un rosario in evidenza.
E poi leggo parole di ministri che sventolano rosari e irridono chi affronta lunghi viaggi della disperazione; leggo di politici i quali, per distrarre gli italiani dai veri problemi che essi sono incapaci di affrontare e risolvere, parlano di “sacri confini di patria” neanche fossimo nel 1914 alla vigilia della inutile strage (non sono parole mie, ovviamente). E ricordo che le statistiche mostrano inesorabilmente che la questione migratoria è mondiale, e che le nazioni più povere accolgono il numero più alto di migranti. E sono numeri, non idee o ideologie.
Andando a prendere l’aereo sento una musica: c’è un pianoforte davanti al gate, e un signore che suona magistralmente il Tema d’amore, musica di Ennio Morricone per il film Nuovo cinema Paradiso, storia di amore, di guerra, di abbandono della propria terra. Mi fermo ad ascoltarlo, commosso ancora una volta.
E nulla è un caso e tutto è misteriosamente legato. E penso che un po’ di cultura e di bellezza in più, sparsa nei nostri paesi, nelle piazze, nei bar, nei ristoranti, ci farebbe davvero bene. Perché un uomo che ascolta e vede la bellezza può comprendere anche la bruttezza e la violenza, mentre chi vede solo bruttezza e violenza non riesce ad apprezzare altro.
E ricordo che mi hanno insegnato che Gesù per salvarci è morto in croce al posto dell’umanità, e questo tra le tante cose stupende e fantastiche che diciamo, forse significa anche che quel papà affogato con la bambina potevo essere io, quel barbone che rovistava nella spazzatura potevo essere io. Quel migrante sulla nave potevo essere io.
E allora mi assale il dubbio: un cristiano, un prete, un vescovo che annuncia e celebra ogni giorno il misterioso scambio che ci ha redenti, come può non mettersi almeno per una volta dentro questo scambio e sentire la desolazione di un’umanità dispersa, e sentire la vergogna e la rabbia per quel che accade?
E come potrà non dire al mondo, ai suoi amici, persino ai suoi nemici, e via via, fino al ministro sparlante, al giornalista, al vescovo incerto e titubante, che no, un mondo così non è possibile?
Che se una cosa il cristianesimo ha a cuore è la sacralità della vita umana, non dei confini. Che tu tratterai bene lo straniero, perché devi ricordarti che anche tu fosti straniero, e che tutti siamo pellegrini in questa valle di lacrime, e non abbiamo quaggiù una città stabile, e siamo in un continuo esodo.
Desidero lasciare ai miei posteri un mondo dove un padre non muore più annegato con sua figlia per scappare verso un futuro migliore.
Desidero cominciare a costruirlo io, dal mio cuore e dalla mia intelligenza, ed esprimerlo con le mie idee, con le mie azioni, con il mio impegno, con il mio voto.
Arrivando a destinazione l’hostess annuncia che stiamo per atterrare, e che in caso di abbandono dell’aereo ci invita a lasciare tutto a bordo. Appunto, in caso ce lo scordassimo: il nostro benessere, le nostre sicurezze, i nostri “sacri confini” non ce li portiamo appresso...
No, non voglio la lacrimuccia né l’applauso, cari amici. Non dò pagelle di cristianesimo a nessuno. Dico solo che un cristiano questi ragionamenti dovrebbe averceli nel DNA, perché stanno nel Vangelo, stanno nel Catechismo, stanno nel Magistero universale dei papi almeno da cento anni a questa parte.
Se non li ha, sarà capace di trarne da solo le conseguenze.


mercoledì 12 giugno 2019

Distinguere l'utile dall'affascinante. Contromanuale Ikea

Mi sorprende sempre trovare affermazioni folgoranti per la loro apparente ovvietà. Oggi è il turno di Cristina Campo, nel suo libro Gli imperdonabili: «Nessuna cosa che non possa leggersi in molti modi può affascinare per più di un tempo assai breve».
In effetti a pensarci bene è così per qualunque cosa sia viva.
Quand’è che una persona ci risulta affascinante? Quando non è a senso unico, quando non la si può incasellare in una definizione, quando la sua personalità ha mille sfaccettature, quando ci sorprende con un pensiero o un’azione sempre nuova.
Perché le Sacre Scritture affascinano il credente ed egli non si stanca mai di riprenderle continuamente? Proprio perché possono leggersi in molti modi. Non è difficile capirlo. Il libretto delle istruzioni del forno a microonde non è affascinante. Al massimo può essere utile. Ma una volta che ne conosciamo il funzionamento, esso non ci serve più.
Il foglietto illustrativo del montaggio della scrivania comprata da Ikea ha vita breve: dura finché non abbiamo eseguito perfettamente i passaggi degli incastri dei vari pezzi e non abbiamo avvitato l’ultimo bullone. Dopodiché finisce automaticamente nella pattumiera della carta. E certo anche nel suo breve spazio di esistenza non ha esercitato nessun fascino sul lettore: è stato semplicemente utile a uno scopo, quello di assemblare la nostra nuova scrivania.
Non è così invece per la parola delle Scritture, come per la liturgia: i suoi molti significati, le sue aperture su un mondo altro perché non immediatamente fruibile, la sua ricchezza e ampiezza di interpretazioni affascinano chi vi si avvicina.
Le Scritture non sono “utili” al modo di un libretto delle istruzioni: esse aprono sentieri, indicano vie, mettono tarli nella mente, stimolano a pensare, ci confrontano con la realtà. Non ci danno istruzioni, ma dipingono paesaggi.
Sono seduto a tavola con due persone che mi fanno domande sulla Bibbia, sulla Chiesa, sulla Messa: «Ma la Chiesa ha cambiato il senso delle parole della Bibbia, tale cosa non è scritta da nessuna parte, bisognerebbe trovare la vera Scrittura, ma perché andare a Messa?»... Davanti a questioni simili penso proprio che molta gente vorrebbe che la Scrittura fosse come un manuale di istruzioni: utile, preciso, adatto allo scopo prefisso.
E invece trova racconti, parabole, affermazioni discordanti, tutto e il contrario di tutto. Trova la realtà, insomma, ma vorrebbe il libretto per montare la scrivania di Ikea.
E allora penso a quanto ancora abbiamo da fare per mostrare, additare a chi ci ascolta, in un’omelia d’occasione, nella liturgia festiva, in una chiacchierata al bar, in un dialogo a cena, che di Dio non esistono libretti di istruzioni, ma semmai che è necessario un incontro, un coinvolgimento, che può partire soltanto dall’abbandonare la ricerca dell’utile e dell’immediato per me, per aprirmi allo stupore dell’impensato, del non conosciuto, persino dell’insperato. Di qualcosa, insomma, che non posso costruirmi io con le mie mani, come una scrivania Ikea.
Scambiare l’utile per l’affascinante è la grande trappola di ogni tempo, ma soprattutto del nostro.