lunedì 24 ottobre 2022

Tra istruzione e merito: segnalo un pericolo


Alle Scuole Elementari (allora si chiamavano così) ero bravo, diciamo pure molto bravo.

Così bravo che non c'era bisogno che la mia carissima Maestra Sandra Dessì mi seguisse troppo. Alle domande che rivolgeva alla classe io alzavo sempre la mano, ma ero normalmente l'ultimo a cui faceva dare la risposta, dopo aver sentito tutti gli altri. Raramente mi chiamava alla lavagna per risolvere un problema, perché io già lo risolvevo al posto. In genere cercava le risposte dai meno svegli e chiamava alla lavagna i meno preparati. Ricordo che una volta mi misi a piangere perché anche io volevo essere gratificato (questo lo dico col senno di poi, allora piangevo solo perché ero trattato diversamente e non capivo perché).

Portavo sempre a casa degli ottimi voti, pagella eccellente, grandi complimenti a mia mamma ai colloqui.

Eppure la Maestra si ostinava a farmi rispondere per ultimo e a non chiamarmi alla lavagna.

Solo dopo ho capito che la Maestra privilegiava quelli che bravi non erano per aiutarli a diventare più bravi, per stimolarli e incoraggiarli, non certo per demolirli.

La mia Maestra non ci ha insegnato la meritocrazia, ma che i più deboli si aiutano a diventare forti, e che quelli che partono svantaggiati (qualunque sia il motivo: soggettivo, individuale, sociale, familiare) si aiutano a diventare migliori.

1 commento:

  1. Il pericolo, senza una meritoria "pacca sulla spalla" di chi è più bravo, secondo me, sta proprio qui: nel trattare da ultimo chi è primo. E se noi insegnassimo ad insegnare (p.e. facendoci aiutare da chi è più bravo)?

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