sabato 12 ottobre 2019

Ciao, signora Emilia! (Le mamme dei preti sono esseri mitologici)



La mamma di un prete è un essere mitologico, sanamente invidiata da tutte quelle che avrebbero voluto un figlio prete e “invece” hanno avuto “solamente” figli sposati, bravi ragazzi per carità, “bisogna accontentarsi".
Sanamente invidiata perché si pensa che la mamma di un prete sia un essere speciale, una donna che ha generato un uomo che è stato conformato a Cristo, per renderlo presente tra i fratelli.
La mamma di un prete custodisce spesso la vocazione del figlio, ne conosce il segreto, ne rivela la fonte.
E noi giù a demitizzare tutto, perché in fondo la mamma di un prete è “soltanto” la mamma di un semplice uomo.
Tutto vero.
Ma signora Emilia, che oggi ci ha lasciato a 89 anni, e che era mamma di ben due preti, don Franco e don Elvio, e altri tre figli, e anche nonna, era davvero una donna speciale. Piccoletta, ma con un sorriso accogliente che non ti permetteva di andare via senza prima esserti rifocillato, senza le immancabili caramelle o un dolcettino.
È stata premurosa mamma non solo dei due figli preti, ma di molti seminaristi e preti, compreso me, che l'ho conosciuta quando avevo tredici anni.
Donna semplice, umile, visitava gli ammalati e non mancava di chiedere come stessero i familiari. Sempre presente, a ogni celebrazione, ma con discrezione, con fede. Buona, come è buono il pane appena fatto.
Aveva una memoria infallibile per i compleanni (il mio se lo ricordava sempre), fino a quando almeno la memoria non l’aveva abbandonata.
Eppure almeno una volta in questi anni mi ha chiamato “Marco” senza suggerimenti, e ancora due giorni fa mi ha abbracciato, baciato, e offerto, per l’ultima volta le sue caramelle.
Ci mancherà, signora Emilia: a dda connosci in su celu!




1 commento:

  1. As from the darkening gloom a silver dove
    upsoars, and darts into the eastern light,
    on pinions that nought moves but pure delight,
    so fled thy soul into the realms above,
    regions of peace and everlasting love;
    where happy spirits, crowned with circlets bright
    of starry beam, and gloriously bedight,
    taste the high joy none but the blessed can prove.
    There thou or joinest the immortal quire
    in melodies that even heaven fair
    fill with superior bliss, or, at desire,
    of the omnipotent Father, cleavest the air
    on holy message sent. What pleasures higher?
    Wherefore does any grief our joy impair?
    (John Keats)

    Come dal cielo che s’annera una colomba d’argento
    rapida sfreccia nella luce d’oriente,
    su ali mosse da pura gioia,
    così sfugge l’anima tua tra reami celesti,
    regioni di pace ed eterno amore,
    dove spiriti felici, coronati da aureole lucenti
    che son raggi di stelle adorni di gloria,
    la felicità gustano sola dei beati.
    Lì cantando ti unisci al coro immortale
    in melodie che giovano al paradiso stesso.
    Il cielo colmo di bellezza intensa, al desiderio
    del Padre onnipotente, prendi l’aria
    su un santo messaggio inviato. C’è gioia più grande?
    E perché sulla gioia spande ombra l’affanno?

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