giovedì 16 gennaio 2025

Ciao don Roby. In morte di don Roberto Lai


Non conosco altro modo di salutarti se non questo: "Ciao don Roby!".

Eravamo ragazzini quando ci siamo conosciuti, facevamo le scuole medie. Partecipavamo agli incontri vocazionali in Seminario a Villacidro, alle celebrazioni diocesane in Cattedrale, agli incontri dei ministranti... Poi siamo entrati in Seminario a un anno di distanza, cinque anni intensi, ma anche pieni di allegria e spensieratezza: tu hai sempre tenuto banco, con le tue imitazioni dei parroci e dei vescovi, le battute, le prese in giro bonarie… Dove c'era trambusto e schiamazzi lì c'eri tu sicuramente!




Altrettanto serio eri nelle liturgie, cambiavi quasi aspetto.

Dopo per me c’è stata Roma, i primi anni del nostro sacerdozio ci siamo visti durante le vacanze o le celebrazioni diocesane. Hai partecipato al mio dottorato in Gregoriana, ti sei complimentato con me.





Poi di nuovo in diocesi, incarichi diversi, noi profondamente diversi: per ridere tu mi chiamavi “lefebvriano” e io ti chiamavo “modernista”, in una inversione ironica di ruoli, che in realtà era un modo per condividere opinioni diverse, che – lo spero – arricchivano entrambi. Certamente le tue mi hanno sempre fatto riflettere.

Quando è venuta la malattia, io ero fuori diocesi, mi hai fatto una lunga telefonata il giorno prima di essere ricoverato: avevamo condiviso preoccupazioni e speranza.

E poi sono stati questi otto anni: mi hai sempre chiesto di sostituirti quando ti assentavi per visite, controlli, chemio: a Siddi, a Pauli Arbarei, e negli ultimi due anni a Uras. Mi affidavi le tue parrocchie con grande fiducia e ho potuto vedere la stima di cui eri circondato, la cura anche delle piccole relazioni, degli anziani, dei giovani, dei bambini, delle famiglie.

Ho fatto al posto tuo, e a volte insieme con te, Pasque, Natali, feste patronali e tante celebrazioni ordinarie e feriali… ma tu, appena ti sentivi un po’ meglio, tornavi più entusiasta che mai: a nulla serviva rimproverarti per darti una calmata, per pensare alla tua salute… hai accettato con riluttanza e tanti scrupoli di lasciare la parrocchia di Uras quest’estate, non volevi vederlo come un rifiuto di un servizio.





In questi due anni abbiamo condiviso il percorso per il tesserino da giornalista: eri orgoglioso di questo impegno con il Nuovo Cammino e di questo risultato.

Infine, questi mesi, entrare e uscire dall’ospedale, e poi entrare per non uscirne più. 

A giugno sei venuto a Sa Zeppara per la festa, hai predicato sulla devozione alla Madonna, sei salito in processione con noi sino al colle… coi miei sensi di colpa per averti fatto stancare.





Ti avevo promesso un lauto pranzo a base di pesce… Ma ogni volta che provavamo a pensarci stavi nuovamente male.

A novembre mi mandasti un canto di un Grest di tanti anni fa, che entrambi usavamo per la preghiera iniziale, ti piaceva molto, ed anche a me. Fa così:

 

A mani vuote noi veniamo a te Signore 

Con le ferite e tante tracce di dolore 

Tu stringi al cuore il cuore affranto, 

e porti in braccio il corpo stanco, 

ti fai eco in 1000 toni al nostro canto. 

Dopo le strade che ora salgono a fatica, 

dopo tutto…

Dopo le stelle accese sulla volta antica, 

dopo tutto… Dopo il confine di misteri della nostra vita, 

dopo tutto, che ci aspetta… dopo tutto…

Quando tutto l'universo salirà a te..

ma che sarà di noi?

Dopo tutto dopo tutto! 

Io prosciugherò dagli occhi il vostro pianto

Io trasformerò in gioia ogni lamento, 

e poi io sarò sempre con voi!

Io ho preparato a tutti voi un posto in Cielo.

Amore e luce copriranno tutto, tutto!

 


In quest’ultimo mese i nostri dialoghi si sono fatti più spirituali, noi che non abbiamo mai amato tanto “discorsi spirituali”: ma era diventata una necessità ora, un pensare a cose essenziali, un progressivo staccarsi dai pensieri della terra per meditare sulle cose ultime. Lo hai fatto sino alla fine, anche con un filo di voce, anche solo con il cenno delle mani. Qualche giorno fa mi hai dettato queste parole:

"Come e quando giungerò alla cima del Cranio, chiamato Golgota, solo Dio lo sa. Anche se con un certo timore dico: “Sia fatta la tua volontà”, sono certo che dopo il dolore e il silenzio arriverà il grande Alleluia della vittoria finale: allora potrò dire anch’io con San Paolo “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede” (2Tim 4,7)."

Lunedì, insieme a tuo figlioccio don Luca, ti abbiamo amministrato l’Unzione, consapevoli che l’ora si avvicinava: sei stato partecipe, hai pregato con devozione. Poi tutto è diventato un grande sonno.

Considero un privilegio raro aver potuto partecipare alla tua passione, a quella della tua famiglia. Anche affaticato e dolorante, anche stanco e sofferente, ma sempre con gratitudine, per tutto, per tutti.

Sul tuo stato di WhatsApp avevi messo tre versi di un poeta americano, Robert Frost:

 

Due strade trovai nei boschi

E io scelsi quella meno battuta

Ed è per questo che sono diverso.

 

Sì, eri diverso, ma di una differenza non ostentata, non esibita. Eri sacerdote, hai sempre voluto esserlo, lo sei sempre stato: la strada meno battuta è diventato in realtà un cammino che hai fatto percorrere anche ad altri.  

Roberto, ci mancherai molto. 




Don Roberto Lai è nato il 29 agosto 1978 ed è nato al cielo il 15 gennaio 2025.