venerdì 20 gennaio 2017

Non preoccupatevi


«Io ti fuggo. Troppo occupato, dimentico che tu mi abiti». Queste parole di Alain Chapellier in Le Christ nu p. 31, mi hanno oggi spalancato un mondo. Sarà quel corsivo che sottolinea la parola “occupato”, ma non avevo mai pensato all'ambivalenza del termine: si dice che un paese è occupato, quando una potenza straniera lo ha invaso e le sue istituzioni e ipl suo popolo perdono il diritto e il dovere di autodeterminarsi, non sono libere. Si dice che il telefono è occupato, quando all'altro capo qualcuno è “impegnato in un'altra conversazione”, cioè non è libero per parlare con me. Se dobbiamo pitturare la facciata della nostra casa e facciamo montare un ponteggio, pagheremo la tassa per l'occupazione del suolo pubblico, perchè lo ingombriamo e non permettiamo ad altri di utilizzare liberamente la superficie comune. Anche la toilette al ristorante può essere occupata, e allora ci tocca attendere pazientemente il nostro turno, e non siamo liberi di soddisfare un nostro bisogno fondamentale.
Occupare viene da “ob capio” prendere sopra, prendere intorno, prendere davanti: significa non lasciare uno spazio libero. In questo senso l'occupazione, essendo ciò che m'impegna, non mi lascia libero (di fare qualcos'altro).
Ma qui sta il bello: se io sono troppo occupato, non sono libero di essere abitato, di essere riempito da Colui che abita in me, che vuole dimorare in me, perchè sono già pieno!
Nel Vangelo di Matteo (6,25-34), Gesù invita i suoi discepoli a non preoccuparsi della propria vita, di ciò che mangeranno, di ciò che berranno, né del loro corpo, di come si vestiranno, né del loro domani, affermando che tutte queste cose sono i pagani a cercarle! Preoccuparsi è occuparsi con ansietà, ma anche in generale avere cura (la Vulgata traduce Ne solliciti sitis). Ci sembra così normale uscire la mattina per andare a lavorare, occuparci della nostra famiglia, dei figli, di vestirli, dar loro da mangiare il necessario. Non è già questo un cercare il Regno di Dio nella nostra vita? Che c'è di strano o peggio di peccaminoso in tutto ciò?
Nulla.
Il rischio però è che essendo troppo occupati, troppo pieni, non abiti in noi un'altra inquietudine, quella per il Regno e per la sua giustizia.
Occuparsi e preoccuparsi tolgono libertà se diventano l'unico motivo della nostra vita. Se mangiare, bere, vestire diventano il fine, lo scopo della mia vita, posso essere anche sazio e vestire begli abiti, ma della mia vita che ne sarà?
È vero, c'è tanta gente (anche tra noi) le cui necessità fondamentali sono negate: non ha da mangiare, non ha da bere, non ha da vestirsi. Proprio ieri una notizia diceva che la ricchezza della metà della popolazione mondiale (3,6 miliardi di persone) sta in mano a 8 (otto) ricchissimi.
Ma questa non è la condizione normale. È la condizione anormale di un mondo dove per l'appunto ci si occupa così tanto e così proficuamente di sé stessi , che si finisce per dimenticarsi di occuparsi degli altri.

Pertanto se io sono occupato (attenzione: non dice non preoccupatevi “troppo”, ma non preoccupatevi affatto!) in tutte queste cose, sarò anche totalmente occupato da esse, non sarò libero per essere pieno di Dio.
Come si esce da questo inghippo? Gesù invita a cambiare sguardo sulla realtà: guardate gli uccelli del cielo, guardate i gigli dei campi.
Ma come?! Noi non abbiamo tempo per queste poesiole infantili da vispa Teresa. Chi ha tempo da perdere a ricercare gli albicocchi in fiore e l'odorino amaro del prunalbo?
Eppure bisogna guardare gli uccelli e i fiori, per comprendere che c'è un Padre che si cura dei figli, che si preoccupa di essi, che addirittura vuole che siano liberi per essere pieni solo del desiderio di Lui, perchè gli uccelli vanno in cerca del nutrimento per oggi, non accumulano per paura del domani, che domani ne manchi.
Questo è vangelo, buona notizia sulla mia vita, da prendere non come uno sforzo titanico o un peso insopportabile, né tanto meno come bestemmia davanti ai poveri a cui per primo è rivolto (così iniziava il discorso della montagna!), ma come ciò che mi fa lieto e libero, perchè cercando la giustizia del Regno, tutto ricevo, addirittura in sovrappiù.

«Quando vi mandai senza portafogli né scorte né scarpe, vi è forse mancato qualcosa»? Chiede Gesù ai suoi discepoli nell'ultima cena. «Nulla» rispondono essi (Lc 22,35), perchè quando si è pieni di Lui e della sua grazia, allora si è davvero liberi e nulla ci manca.

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