«Io
ti fuggo. Troppo occupato,
dimentico che tu mi abiti». Queste parole di Alain Chapellier in Le
Christ nu
p. 31, mi hanno oggi spalancato un mondo. Sarà quel corsivo che
sottolinea la parola “occupato”, ma non avevo mai pensato
all'ambivalenza del termine: si dice che un paese è occupato, quando
una potenza straniera lo ha invaso e le sue istituzioni e ipl suo
popolo perdono il diritto e il dovere di autodeterminarsi, non sono
libere. Si dice che il telefono è occupato, quando all'altro capo
qualcuno è “impegnato in un'altra conversazione”, cioè non è
libero per parlare con me. Se dobbiamo pitturare la facciata della
nostra casa e facciamo montare un ponteggio, pagheremo la tassa per
l'occupazione del suolo pubblico, perchè lo ingombriamo e non
permettiamo ad altri di utilizzare liberamente la superficie comune.
Anche la toilette al ristorante può essere occupata, e allora ci
tocca attendere pazientemente il nostro turno, e non siamo liberi di
soddisfare un nostro bisogno fondamentale.
Occupare
viene da “ob
capio”
prendere sopra, prendere intorno, prendere davanti: significa non
lasciare uno spazio libero. In questo senso l'occupazione, essendo
ciò che m'impegna, non mi lascia libero (di fare qualcos'altro).
Ma
qui sta il bello: se io sono troppo occupato, non sono libero di
essere abitato, di essere riempito da Colui che abita in me, che
vuole dimorare in me, perchè sono già pieno!
Nel
Vangelo di Matteo (6,25-34), Gesù invita i suoi discepoli a non
preoccuparsi della propria vita, di ciò che mangeranno, di ciò che
berranno, né del loro corpo, di come si vestiranno, né del loro
domani, affermando che tutte queste cose sono i pagani a cercarle!
Preoccuparsi è occuparsi con ansietà, ma anche in generale avere
cura (la Vulgata traduce Ne
solliciti sitis).
Ci sembra così normale uscire la mattina per andare a lavorare,
occuparci della nostra famiglia, dei figli, di vestirli, dar loro da
mangiare il necessario. Non è già questo un cercare il Regno di Dio
nella nostra vita? Che c'è di strano o peggio di peccaminoso in
tutto ciò?
Nulla.
Il
rischio però è che essendo troppo occupati,
troppo pieni, non abiti in noi un'altra
inquietudine,
quella per il Regno e per la sua giustizia.
Occuparsi
e preoccuparsi tolgono libertà se diventano l'unico motivo della
nostra vita. Se mangiare, bere, vestire diventano il fine, lo scopo
della mia vita, posso essere anche sazio e vestire begli abiti, ma
della mia vita che ne sarà?
È
vero, c'è tanta gente (anche tra noi) le cui necessità fondamentali
sono negate: non ha da mangiare, non ha da bere, non ha da vestirsi.
Proprio ieri una notizia diceva che la ricchezza della metà della
popolazione mondiale (3,6 miliardi di persone) sta in mano a 8 (otto)
ricchissimi.
Ma
questa non è la condizione normale. È la condizione anormale di un
mondo dove per l'appunto ci si occupa così tanto e così
proficuamente di sé stessi , che si finisce per dimenticarsi di
occuparsi degli altri.
Pertanto
se io sono occupato (attenzione: non dice non preoccupatevi “troppo”,
ma non preoccupatevi affatto!) in
tutte queste cose, sarò anche totalmente occupato da
esse, non sarò libero per essere pieno di Dio.
Come
si esce da questo inghippo? Gesù invita a cambiare sguardo sulla
realtà: guardate gli uccelli del cielo, guardate i gigli dei campi.
Ma
come?! Noi non abbiamo tempo per queste poesiole infantili da vispa
Teresa. Chi ha tempo da perdere a ricercare gli albicocchi in fiore e
l'odorino amaro del prunalbo?
Eppure
bisogna guardare gli uccelli e i fiori, per comprendere che c'è un
Padre che si cura dei figli, che si preoccupa di essi, che
addirittura vuole che siano liberi per essere pieni solo del
desiderio di Lui, perchè gli uccelli vanno in cerca del nutrimento
per oggi, non accumulano per paura del domani, che domani ne manchi.
Questo
è vangelo, buona notizia sulla mia vita, da prendere non come uno
sforzo titanico o un peso insopportabile, né tanto meno come
bestemmia davanti ai poveri a cui per primo è rivolto (così
iniziava il discorso della montagna!), ma come ciò che mi fa lieto e
libero, perchè cercando la giustizia del Regno, tutto ricevo,
addirittura in sovrappiù.
«Quando
vi mandai senza portafogli né scorte né scarpe, vi è forse mancato
qualcosa»? Chiede Gesù ai suoi discepoli nell'ultima cena. «Nulla»
rispondono essi (Lc
22,35), perchè quando si è pieni di Lui e della sua grazia, allora
si è davvero liberi e nulla ci manca.
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