Poche
poesie come quelle che raccoglie (o semina? Son sempre indeciso su
quale verbo usare quando leggo parole che sbocciano e fioriscono a
vita) Massimiliano Bardotti nel suo nuovo libro Il Dio
che ho incontrato (Nerbini, Firenze 2016) hanno il raro pregio di
essere non già naif, ma di una semplicità mistica ed evocativa
dell’Oltre e dell’Altro.
A
cominciare dal ritornello, motivo, refrain che è il primo verso di
numerosi componimenti, Il Dio che ho incontrato, appunto: espressione
a un tempo vera ma paradossale, perchè Dio nessuno lo ha mai visto.
Eppure
anche se non sintatticamente, il soggetto è sempre Lui, non l’io
dell’autore, che così può esclamare: Se la legge è io,
disobbedisci (32).
Si odono in
queste poesie gli echi di Marguerite Yourcenar, e dei suoi Trentatré
nomi di Dio, come anche la
potenza di certi versi di Withman, ma come purificati dalla luce, o
di altri versi visionari di Emily Dickinson.
E
persino mi ricordano, nella loro musicalità, le parole della Mannoia
ne Il cielo d’Irlanda.
Sì,
perché se di visione si tratta, è una visione speciale quella di
Massimiliano, aperta verso qualcosa (Qualcuno) che non si può mai
descrivere se non per approssimazione. E così quella copula accanto
al verso introduttivo, quell’“è” così assertivo e
definitivo, in realtà viene trasformato dalla reiterazione in un
non est dionisiano, come nella
poesia:
Il Dio che ho incontrato è quell’attimo eterno
chiamato imbrunire, né notte né giorno (55).
chiamato imbrunire, né notte né giorno (55).
Eppure
è dato scorgere al poeta la presenza di Dio nella realtà, anche se
deve
la
meraviglia eludere gli occhi
fermarsi
alle palpebre (91).
Poesie
tutte da leggere!
Belle le poesie e bello il commento.
RispondiEliminaPer me Dio lo si incontra proprio nella realtà. I libri lo indagano, lo descrivono. Ma l'incontro avviene nella realtà, se la si ascolta con attenzione.
Cordiali saluti.