giovedì 21 settembre 2017

Omelia nella Festa di San Matteo - 1 Triduo Beata Vergine di Lourdes Gonnosfanadiga

Vorrei iniziare ricordando in questo triduo la figura e l’opera di padre René Laurentin, grande esperto di temi mariani, morto dieci giorni fa all’età di quasi cento anni: scrisse molte opere anche sulle apparizioni di Lourdes.

Oggi la chiesa porta alla nostra attenzione la figura di san Matteo apostolo ed evangelista, e ce ne fa celebrare la festa. Nel vangelo abbiamo ascoltato la chiamata di Matteo, scritta da sé stesso con una essenzialità sconvolgente: «Mentre andava via, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì».
Andando via di là: Gesù ha guarito un paralitico a Cafarnao e si sposta per andare a mangiare. In questo tragitto, quasi per caso incrocia la vita di Matteo. L’evangelista non si dilunga in particolari, non ci dice che Gesù è andato a cercare proprio lui, anzi: questa indicazione sembra proprio volerci far capire che è un momento di totale gratuità e semplicità. Non ci sono ricerche previe, indagini per capire se è degno: Gesù si trova sulla strada, come Matteo, e questa sembra essere l’unica ragione che favorisce l’incontro dei due.
Gesù vide un uomo.
È importante anche questo riferimento: Gesù vede. Il suo sguardo non è distratto. Gesù lo conosce, come aveva conosciuto Natanaele, come aveva conosciuto Pietro e Andrea.
Lo sguardo di Gesù vede oltre le apparenze, o meglio: vede più in profondità delle apparenze, non si ferma alla superficie, ma sa andare al cuore. E cosa vede? Vede un uomo. Un semplice povero appartenente alla categoria umana, quella dei mortali, senza ulteriori etichette.
Mentre tutti vedono un disgraziato, un collaborazionista, un pubblico peccatore, Gesù vede un uomo. Forse egli stesso si vedeva come essere spregevole: possiamo azzardare questa ipotesi, ricordando la preghiera di quel(l’altro?) pubblicano al tempio, che non osava neppure alzare lo sguardo, ma si batteva il petto e diceva: «O Dio, abbi pietà di me peccatore». Sta di fatto che Gesù, sotto le sembianze di un verme, riconosce un uomo.
Conoscete probabilmente quella tela di Caravaggio che si trova a san Luigi dei Francesi a Roma, la Vocazione di Matteo, dove Matteo è rappresentato nel momento in cui Gesù lo chiama indicandolo con il dito e lui è chinato a contare i soldi, e nemmeno si accorge che c’è Gesù, mentre la figura centrale, un uomo avanti con l’età lo indica a sua volta con uno sguardo stupito, come a dire: «Ma sei sicuro? Proprio lui?».
E gli disse: Seguimi! E quello, alzatosi, si mise a seguirlo.
La chiamata di Matteo ci viene raccontata contro il puritanesimo che sempre può aleggiare nella comunità cristiana, nella quale spesso si pensa che dobbiamo essere una comunità di persone perfette, che hanno la fedina penale immacolata, che sono apposto con la propria coscienza.
La Chiesa non è fondata sui perfetti, sui santi che non sbagliano mai, ma è fondata sugli apostoli, che sono peccatori perdonati. Affida a Pietro e agli altri apostoli le chiavi del Regno, per dire che d’ora in poi il potere di Dio si manifesta attraverso il perdono e la scelta di agire con misericordia: Andate a imparare che cosa vuol dire la Scrittura: Misericordia io voglio e non sacrificio!
Il mistero del Regno è dunque un mistero di perdono, un mistero di predilezione per i peccatori, per i miseri disgraziati che hanno bisogno della sua Grazia!
Senza questa consapevolezza non c’è Chiesa, ma c’è un club di persone perbene.
Ora, cosa ci dice il messaggio di Lourdes nel suo svolgersi concreto?
Guardiamo a chi si rivolge: a una povera ragazzina di Lourdes, un minuscolo e sconosciuto villaggio ai piedi dei Pirenei, appartenente a una famiglia di falliti, che non sa parlare se non il dialetto.
Una ragazza, Bernadette, che da grande ricorderà con profonda convinzione e senza falsa umiltà: «Se la santa Vergine ha scelto me, è perchè ero la più ignorante».
Tanto che la sua superiora, che era stata sempre molto scettica e sgarbata nei suoi confronti, confidandosi con il vescovo una volta disse: «Ma perchè la Vergine avrà scelto questa contadinella, quando c’erano tante anime pie ed elette tra le religiose!».
Una «buona a nulla», un «ciottolo», come spesso si autodefiniva Bernadette.
E poi Maria, l’umile, la tapina, la piccola. Canterà così Maria: «Ha guardato la bassezza della sua serva».
È il mistero di predilezione per i piccoli. Dio guarda coloro che sono disprezzati per il loro aspetto, per le loro caratteristiche, per la loro moralità dubbia e spesso scandalosa. È uno sguardo che opera un cambiamento, che invita alla sequela, che induce una trasformazione. È uno sguardo che vede in profondità dentro di noi, laddove noi stessi non siamo capaci di vedere: nell’abisso del nostro abisso, laddove è incuneata da sempre e per sempre una scintilla di Dio che egli è venuto ad accendere nei cuori di ciascuno.

Lasciamoci oggi infiammare dall’amore di Matteo, dall’amore di Bernadette, dall’amore di Maria, perchè anche noi ci alziamo oggi da questa eucaristia e cominciamo a seguirlo. Sì cominciamo, anche se siamo da tanti anni, forse da sempre, nel cammino cristiano: oggi incomincio. Non ci sono altri momenti favorevoli per la salvezza se non l’oggi, perchè Dio è un Dio del presente. Ti cerca adesso, ti chiama adesso, perchè è venuto a chiamare i malati a guarigione. E così sia.

Nessun commento:

Posta un commento