Vorrei
iniziare ricordando in questo triduo la figura e l’opera di padre
René Laurentin, grande esperto di temi mariani, morto dieci giorni
fa all’età di quasi cento anni: scrisse molte opere anche sulle
apparizioni di Lourdes.
Oggi
la chiesa porta alla nostra attenzione la figura di san Matteo
apostolo ed evangelista, e ce ne fa celebrare la festa. Nel vangelo
abbiamo ascoltato la chiamata di Matteo, scritta da sé stesso con
una essenzialità sconvolgente: «Mentre andava via, Gesù vide un
uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse:
“Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì».
Andando
via di là: Gesù ha guarito un paralitico a Cafarnao e si sposta
per andare a mangiare. In questo tragitto, quasi per caso incrocia la
vita di Matteo. L’evangelista non si dilunga in particolari, non ci
dice che Gesù è andato a cercare proprio lui, anzi: questa
indicazione sembra proprio volerci far capire che è un momento di
totale gratuità e semplicità. Non ci sono ricerche previe, indagini
per capire se è degno: Gesù si trova sulla strada, come Matteo, e
questa sembra essere l’unica ragione che favorisce l’incontro dei
due.
Gesù
vide un uomo.
È
importante anche questo riferimento: Gesù vede. Il suo
sguardo non è distratto. Gesù lo conosce, come aveva conosciuto
Natanaele, come aveva conosciuto Pietro e Andrea.
Lo
sguardo di Gesù vede oltre le apparenze, o meglio: vede più in
profondità delle apparenze, non si ferma alla superficie, ma sa
andare al cuore. E cosa vede? Vede un uomo. Un semplice povero
appartenente alla categoria umana, quella dei mortali, senza
ulteriori etichette.
Mentre
tutti vedono un disgraziato, un collaborazionista, un pubblico
peccatore, Gesù vede un uomo. Forse egli stesso si vedeva
come essere spregevole: possiamo azzardare questa ipotesi, ricordando
la preghiera di quel(l’altro?) pubblicano al tempio, che non osava
neppure alzare lo sguardo, ma si batteva il petto e diceva: «O Dio,
abbi pietà di me peccatore». Sta di fatto che Gesù, sotto le
sembianze di un verme, riconosce un uomo.
Conoscete
probabilmente quella tela di Caravaggio che si trova a san Luigi dei
Francesi a Roma, la Vocazione di Matteo, dove Matteo è rappresentato
nel momento in cui Gesù lo chiama indicandolo con il dito e lui è
chinato a contare i soldi, e nemmeno si accorge che c’è Gesù,
mentre la figura centrale, un uomo avanti con l’età lo indica a
sua volta con uno sguardo stupito, come a dire: «Ma sei sicuro?
Proprio lui?».
E
gli disse: Seguimi! E quello, alzatosi, si mise a seguirlo.
La
chiamata di Matteo ci viene raccontata contro il puritanesimo che
sempre può aleggiare nella comunità cristiana, nella quale spesso
si pensa che dobbiamo essere una comunità di persone perfette, che
hanno la fedina penale immacolata, che sono apposto con la propria
coscienza.
La
Chiesa non è fondata sui perfetti, sui santi che non sbagliano mai,
ma è fondata sugli apostoli, che sono peccatori perdonati. Affida a
Pietro e agli altri apostoli le chiavi del Regno, per dire che d’ora
in poi il potere di Dio si manifesta attraverso il perdono e la
scelta di agire con misericordia: Andate a imparare che cosa vuol
dire la Scrittura: Misericordia io voglio e non sacrificio!
Il
mistero del Regno è dunque un mistero di perdono, un mistero di
predilezione per i peccatori, per i miseri disgraziati che hanno
bisogno della sua Grazia!
Senza
questa consapevolezza non c’è Chiesa, ma c’è un club di persone
perbene.
Ora,
cosa ci dice il messaggio di Lourdes nel suo svolgersi concreto?
Guardiamo
a chi si rivolge: a una povera ragazzina di Lourdes, un minuscolo e
sconosciuto villaggio ai piedi dei Pirenei, appartenente a una
famiglia di falliti, che non sa parlare se non il dialetto.
Una
ragazza, Bernadette, che da grande ricorderà con profonda
convinzione e senza falsa umiltà: «Se la santa Vergine ha scelto
me, è perchè ero la più ignorante».
Tanto
che la sua superiora, che era stata sempre molto scettica e sgarbata
nei suoi confronti, confidandosi con il vescovo una volta disse: «Ma
perchè la Vergine avrà scelto questa contadinella, quando c’erano
tante anime pie ed elette tra le religiose!».
Una
«buona a nulla», un «ciottolo», come spesso si autodefiniva
Bernadette.
E
poi Maria, l’umile, la tapina, la piccola. Canterà così Maria:
«Ha guardato la bassezza della sua serva».
È
il mistero di predilezione per i piccoli. Dio guarda coloro che sono
disprezzati per il loro aspetto, per le loro caratteristiche, per la
loro moralità dubbia e spesso scandalosa. È uno sguardo che opera
un cambiamento, che invita alla sequela, che induce una
trasformazione. È uno sguardo che vede in profondità dentro di noi,
laddove noi stessi non siamo capaci di vedere: nell’abisso del
nostro abisso, laddove è incuneata da sempre e per sempre una
scintilla di Dio che egli è venuto ad accendere nei cuori di
ciascuno.
Lasciamoci
oggi infiammare dall’amore di Matteo, dall’amore di Bernadette,
dall’amore di Maria, perchè anche noi ci alziamo oggi da questa
eucaristia e cominciamo a seguirlo. Sì cominciamo, anche se siamo da
tanti anni, forse da sempre, nel cammino cristiano: oggi incomincio.
Non ci sono altri momenti favorevoli per la salvezza se non l’oggi,
perchè Dio è un Dio del presente. Ti cerca adesso, ti chiama
adesso, perchè è venuto a chiamare i malati a guarigione. E così
sia.
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