sabato 30 settembre 2017

Dire dei sì o fare dei sì?

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 21,28-32)


In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Non ne ho voglia. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: Sì, signore. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

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Ormai quello che era solo un annuncio spaventoso è diventato realtà: Gesù è entrato a Gerusalemme, e già tutta la città è presa da agitazione. Egli caccia venditori e cambiavalute dal Tempio perchè esso torni a essere casa di preghiera, viene richiesto dai capi e dagli anziani sulla sua autorità e poi comincia a parlare loro: voi siete figli o servi? Perché se siete figli dovete imparare non solo a dire dei sì ma anche a fare dei sì. Ogni genitore sa che i figli a volte rispondono affermativamente ma poi non fanno la loro volontà, e che a volte, invece, fanno, anche se hanno detto che non avrebbero fatto.
E questa è la situazione di allora e di sempre: ci sono persone che per la loro vita esteriore dicono un no, sono “fuori dalla Grazia di Dio”, eppure la loro vita diventa un sì, una conversione al perdono e alla misericordia del Padre.
Ci sono poi quelli che dicono sì, amen, lo voglio, così sia, fiat, gli yes-men, e poi non si convertono al perdono e alla misericordia del Padre, e pur vedendo che quelli del “no a parole” si sono convertiti, amano, sperano, gioiscono, che insomma hanno detto un “sì con i fatti”, quelli del “sì a parole” non sono capaci di cambiare idea, loro basta dire, e non fare. Usano il peccato e la conversione degli altri, pubblicani e prostitute, per accusare Gesù, non per credere alla Giustizia che si manifesta nella misericordia.

Postilla.
La richiesta del padre: «Va’ OGGI a lavorare nella vigna». Per il padre non conta da quanti anni siamo a suo servizio, da quanti anni siamo in casa. Per Dio conta l’oggi, l’unico giorno della mia salvezza. Non conta il sì del battesimo, del matrimonio, dell’ordinazione, della professione religiosa. Non conta neanche il sì di ieri. Conta l’andare oggi a lavorare.
Il secondo figlio risponde al Padre: «Egò, Kyrie. Io Signore», ma non andò.
È interessante che in greco il verbo «vado» è sottinteso. Questo figlio risponde IO. Forse non ha il coraggio di dire un no secco al padre, è un pavido, e la sua arroganza si vede da quel pronome messo all’inizio: io. Mentre il primo ha una personalità forte, si oppone al padre.

Gli uomini del sì soltanto a parole hanno visto i pubblicani e le prostitute credere all’annuncio di giustizia di Giovanni Battista e nonostante abbiano visto, non hanno cambiato idea. Mi pare chiaro che il riferimento qui sia proprio alla testimonianza oculare: c’è qualcuno che si è convertito, qualcuno che non si meritava niente, qualcuno che era lontano. Come reagisco io davanti a questi uomini del «sì nei fatti»? Mi irrita che qualcuno prenda il “mio” posto nel regno dei cieli (nel cuore di Dio)?

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