sabato 10 febbraio 2018

L’ultima lezione di papa Benedetto

Ripropongo una riflessione scritta cinque anni fa dopo l'annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI.


Dopo la prima sconvolgente notizia, ricevuta al cellulare con un messaggio inviato da un amico, rifletto sulle dimissioni del papa.
Devo confessare che uno dei pochi libri che rileggo quasi ogni anno è L’avventura di un povero cristiano, nel quale Ignazio Silone narra il dramma interiore di Celestino V, papa medievale che abdicò anch’egli a causa della debolezza e dell’età.
C’è un passo che mi ha sempre colpito. Mentre Pier Celestino, che ormai ha abdicato, parla con il suo successore Bonifacio VIII, dice queste parole: «Se il cristianesimo viene spogliato delle sue cosiddette assurdità per renderlo gradito al mondo, così com’è, e adatto all’esercizio del potere, cosa ne rimane? Voi sapete che la ragionevolezza, il buonsenso, le virtù naturali esistevano già prima di Cristo, e si trovano anche ora presso molti non cristiani. Che cosa Cristo ci ha portato in più? Appunto alcune apparenti assurdità. Ci ha detto: amate la povertà, amate gli umiliati e offesi, amate i vostri nemici, non preoccupatevi del potere, della carriera, degli onori, sono cose effimere, indegne di anime immortali».
Mi pare sia tutto qui il succo di questa abdicazione: l’umiltà. E siccome nella fede e nella chiesa le lezioni migliori non sono quelle fatte dalla cattedra, ma quelle della vita, mi pare di vedere qui la migliore lezione di papa Benedetto.
Il papa ci ha insegnato, con l’ultimo suo atto magisteriale, che ogni ministero nella Chiesa non è dato alla persona in proprietà esclusiva, e che tutti, ministri ordinati e laici, siamo chiamati a non viverlo come un potere assoluto, come se nessuno potesse metterlo in discussione e col sospetto che qualcuno possa scalzarci.
L’umiltà consiste piuttosto nel lavorare sapendo di essere servi e di non avere nulla da temere dal servizio, dalla prestanza, dalle capacità e dalla forza di altri.
Ogni lettura millenaristica, sia a livello di Chiesa universale, sia nella più piccola comunità, è fuori luogo e antievangelica.
Discorsi sulla scia del «Come faremo ora?» non hanno senso in una prospettiva di servizio, perché, come ricordava Pier Celestino, preoccuparsi del potere, della carriera, degli onori, è indegno di anime immortali. Il servizio è un'altra cosa!
E tutti quelli che pensavano che Benedetto XVI fosse un ingenuo esibizionista autoreferenziale, sbagliano di grosso.
È pur vero che tanta gente comune, a tutti i livelli, non capisce queste dimissioni da una così grande responsabilità. Esse restano un’assurdità agli occhi del mondo.
Ed è bene che siano tali, come le parole di Gesù, come gesti epocali di tanti cristiani più o meno altolocati, in altri momenti storici.
Ogni paragone con Giovanni Paolo II è indebito, perché c’è un particolare: a differenza del suo predecessore, Benedetto XVI non è malato. È evidente che dà le dimissioni da sano per evitare di trascinare la chiesa in un tempo di ansia e quasi di asfissia.
E dà un grande colpo proprio alla Chiesa (ma anche a tante istituzioni laiche, prima fra tutte la politica), che per ragioni storiche e antropologiche, oggi più che mai è una gerontocrazia, un governo di vecchi, spesso attaccati alle loro poltrone.
E dato che non compete né a me né a nessuno dare giudizi sulla bontà di ciò che il papa ha deciso, posso solo dire che oggi ci ha dato una grande, gigantesca lezione in almeno due punti: ogni servizio nella Chiesa può essere revocabile e modificabile (quello del papa, figuriamoci quello di un parroco, di un catechista, di un operatore... e questo non è un dramma!), perché la Chiesa è retta dalla forza dello Spirito del Cristo Risorto, il quale non la abbandona mai.
E poi ci ha insegnato che il primato della coscienza personale in ogni decisione è fondamentale e non coercibile. Cioè che una persona è tenuta a fare ciò che ha deciso in coscienza, perché quella è volontà di Dio che parla al cuore dell'uomo. Una coscienza rettamente formata, evidentemente.
Di fronte a possibili pressioni, Benedetto non si è fatto tirare per la giacchetta, mostrando a tutti uno stile inconfondibile e poco imitato.

Grazie papa Benedetto e lunga vita a Joseph Ratzinger!

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