venerdì 27 luglio 2018

Preti tra passato e presente


Nel suo splendido Diario di un parroco di campagna, Bernanos fa dire all’anziano Curato di Torcy: «Adesso i seminari ci mandano dei chierichetti, dei piccoli vagabondi che si immaginano di lavorare più di tutti perché non vengono a capo di nulla. Invece di comandare, piagnucolano»: le lamentele dei preti più anziani nei confronti dei giovani son sempre esistite e lasciano il tempo che trovano.
Non si tratta neppure di contrapporre lefebvriani a progressisti (conosco ottimi preti che indossano sempre la veste, e pessimi in jeans e maglietta, e viceversa).
Si tratta di provare a capire che viviamo in un altro mondo, mentre continuiamo a perpetuare stili che non funzionano, non volendo accettare che la forma dell’essere presbitero e del presbiterato è cambiata in questi duemila anni.


Per esempio: cosa aggiunge alla fede oggi una processione fatta in mezzo alle campagne portando il simulacro di un santo da una chiesa a un’altra?
Un tempo, quando la gente custodiva e alimentava ancora una visione sacra della vita e del corso delle stagioni, ciò era comprensibile: non erano più ignoranti di noi, tutt’altro! Ma semplicemente vivevano più vicini a nostra sorella natura. Oggi che abbiamo quasi del tutto abolito una visione sacra del ciclo naturale della vita (umana in primis, ma anche animale e vegetale) queste “manifestazioni” attirano al massimo l’obiettivo di turisti giapponesi: lunghe sfilate di belle ragazze in costume sardo, coperte dalla testa alle caviglie, e di uomini che le accompagnano indossando abiti da pastori e contadini di un tempo, quando oggi la moda impone piuttosto che la donna si scopra, mentre pochissimi giovani ormai in Sardegna lavorano le campagne.
Cosa ci dice questo?
Che noi promuoviamo manifestazioni folkloristiche (il che va bene: l’importante è esserne consapevoli!), illudendoci che si possano evangelizzare. Scambiamo la cultura per il cristianesimo e pensiamo di fare un’esperienza di fede evangelica e cristiana.
Se non comprendiamo che il prete viene fuori da e si inserisce in questo contesto, in questo mondo, in questo popolo, se perdiamo di vista cioè l’incarnazione, stiamo diventando marziani.
È necessario puntare maggiormente sulla Parola di Dio: c’è ancora troppa ignoranza nel nostro popolo e anche nei nostri presbitèri.
Ovviamente non bisogna temere di restare in pochi: non per diventare un’élite radical chic, ma per tornare a essere significativi, a suscitare nella gente interrogativi sul senso della vita, che possano aprire la strada all’evangelo e dunque a Gesù Cristo e alla Chiesa.
Le folle, lo sappiamo, non sono un grande esempio nei vangeli.
Consiglio alcune letture che potrebbero far bene:
T. CITRINI, Presbiteri e presbiterio, Ancora Editrice (finora sono usciti quattro volumi fino all’XI secolo)
T. FRINGS, Così non posso più fare il parroco. Vi racconto perché, Ancora, Milano 2018;

E, solo per stomaci forti, la visione della serie TV (anche in DVD) di Paolo Sorrentino, The Young Pope.


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