Gli
scandali che coinvolgono i preti, i vescovi e i cardinali non hanno
mai fine, soprattutto d’estate.
È
bene che emergano comportamenti sbagliati e comportamenti criminali
(che comunque non sono la stessa cosa), ed è bene che chi compie dei
reati subisca regolari processi penali e canonici.
Quasi
sempre tali scandali attengono a questioni affettive-sessuali,
certamente perché la sessualità ha in sé una forza che pervade la
persona umana in tutti i suoi aspetti, e che richiede equilibrio per
essere condotta nell’alveo dell’affettività, e per non
travalicare in comportamenti lesivi della dignità altrui (oltre che
della propria).
La
sessualità staccata dall’affettività diventa molto problematica,
tanto più in una vita celibataria, dove si pensa, e spesso si vive,
come se l’affettività non debba essere esercitata in nome di una
presunta consacrazione a Dio.
Spesso
i seminari sono accusati di sfornare preti problematici, che una
volta diventati tali fanno cose che non devono fare: emergono
comportamenti non consoni alla vita del prete, talvolta sfociano in
veri e propri comportamenti sviati. E questo vale sia per gli
eterosessuali che per gli omosessuali, anche se in questi ultimi
decenni certamente gli scandali maggiori si sono avuti in ambito
omosessuale.
A
me pare che uno dei grossi limiti della formazione al sacerdozio oggi
sia rappresentato ancora dalla demonizzazione dell’omosessualità.
Dunque
chi è “furbo” la nasconderà per non essere cacciato e diventerà
prete, e farà casini; chi è “sano” la nasconderà comunque per
non essere cacciato e diventerà prete, ma sempre con qualcosa di non
risolto. Mi pare ovvio che se anche uno volesse esplicitare questa
sua realtà ai formatori, si bloccherà per paura di essere cacciato
e di interrompere così il suo percorso seminaristico.
Inoltre
mi pare non funzioni molto bene l’immissione nel presbiterio: un
tempo un prete novello andava a vivere in canonica con il parroco, o prendeva una
stanza a pigione in una famiglia, oppure aveva una sorella nubile
(“zitella”), o la madre, o una zia, con le quali condivideva la
vita quotidiana, e quello che poteva sembrare un limite (e talvolta
lo era), era comunque un segno di “normalità” di relazioni:
almeno c’era qualcuno che ogni tanto ti mandava a quel paese!
Oggi,
con la diminuzione del clero, e con la disponibilità di canoniche
rinnovate e confortevoli, usciti dal seminario, da una comunità di
dieci, trenta, cinquanta o duecento seminaristi, si diventa
immediatamente single.
Cosa
volete che faccia un ragazzo di 25 anni (ma anche un uomo di 40) quando chiude la porta della
chiesa di Rocca Fiorita con le sue 418 anime?
A
meno che non si tratti del Santo Curato d’Ars, avrà molto tempo a
disposizione in una società dove basta una chat per allontanarsi.
Io
vedrei bene dunque che si riformulasse soprattutto l’immissione nel
presbiterio: piccole comunità di tre-quattro preti, un giovane, un
mediano e uno o due anziani. I pasti in comune, un momento di
condivisione di preghiera nella giornata, e poi certamente ognuno ai
propri posti di combattimento, con la gestione di un gruppo di
parrocchie, un piccolo territorio o chessò io.
Utopia?
Forse sì.
Ma
chi sa proporre ricette che funzionano?
Il
problema è che spessissimo i preti novelli non vogliono sentire
parlare di vita comunitaria perché hanno stufato il seminario. I
preti che hanno già una certa età non hanno voglia di mettersi in
casa altri che turbino la loro autonomia, e i preti anziani spesso si
lamentano di non essere coinvolti nella vita pastorale, ma sono
comunque impostati nel senso di una vita totalmente solitaria.
Voi
direte: ma con tutti i problemi di chi si sposa, di chi non trova
lavoro, la Chiesa deve pensare ai preti novelli? Sì, ci deve
pensare, e anche seriamente.
Propongo
queste letture:
Fr.
MichaelDavide, Preti senza battesimo? Una provocazione, non un
giudizio, San Paolo 2018;
J.
Mercier, Il Signor Parroco ha dato di matto, San Paolo 2017.
Quel famoso sesto anno fu un'esperienza feconda, mi pare.
RispondiEliminaFinalmente qualcuno oltre che fare una attenta analisi del problema, offre anche una proposta …molto interessante e neanche troppo campata per aria, quella dei “cenobi dei preti”…Sant’Eusebio di Vercelli, sardo, docet!Grazie!
RispondiElimina