martedì 28 aprile 2020

Scegliere il difficile ogni giorno come fosse facile - A-Dio Manu

Sei sbocciata come un fiore
In queste ultime settimane abbiamo compreso quella parola di Gesù: «Se il chicco di grano non muore rimane solo, se invece muore porta molto frutto».
La tua progressiva e inesorabile trasformazione esteriore, quel seme di grano che marcisce, non ci deve distrarre dal senso profondo di ciò che è accaduto: la spiga che lentamente germoglia, e che solo per il fatto che è infinitamente più alta di noi, ancora erbacce, non riusciamo a vedere in tutto il suo splendore. La luce che viene dall’alto riverbera tuttavia il colore del campo, il soffio di vita che aleggia su di te spande il profumo del frumento anche qui sotto: «Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura».



 



Le nostre strade si sono incrociate nove anni fa nella Parrocchia del Sacro Cuore a Gonnosfanadiga, quando hai deciso che era ora di dare una svolta alla tua vita, forse rassegnata a stare su una sedia a rotelle.
Da allora è cominciata una serie infinita di balzi in avanti: la patente, la macchina, l’impegno in parrocchia, l’università, il lavoro, il cinema, il teatro, le amicizie, i campi scuola, il Brucomela.
Ma non con quella voracità consumistica che ci fa usare le cose finché ci divertono e poi ce le fa buttare, piuttosto con la consapevolezza che ogni momento è importante e può essere passaggio dell’eterno nel tempo.









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Qualche anno fa, di fronte alla diagnosi di un male situato in un punto complicato (dicevi con ironia: “Secondo te io mi potevo accontentare di una malattia semplice?”), hai conosciuto alcuni versi di W.H. Auden: “Scegliere quel che è difficile di ogni giorno/ come fosse cosa facile, questa è fede”. E da allora ne hai fatto il tuo motto e il senso della vita: hai scelto veramente il difficile come fosse facile e lo hai affrontato nella fede.
Non con la tracotanza del guerriero che affronta il nemico senza tentennare, ma con la levità di chi sa di essere retto da una Forza misteriosa ma altrettanto reale.
Già da gennaio mi avevi “prenotato” alla festa per il tuo quarantesimo compleanno, che invece hai compiuto in ospedale.
E quando a causa delle restrizioni sono state sospese le visite e tu ti stavi spegnendo anzitempo, perché l’isolamento era peggio della malattia, hai voluto e ottenuto un permesso speciale per ricevere i sacramenti pasquali. Da allora – e sono le ultime due settimane – il tuo percorso si è fatto più irto, ma sempre connotato dalla speranza, dal sorriso, dalla gioia di incontrare qualcuno che veniva a trovarti, dal desiderio di vivere e succhiare ogni attimo.
Non si tratta di canonizzarti anzitempo, ma solo di fare memoria, di manifestare lo stupore e la meraviglia di aver avuto il privilegio di seguirti in questo tempo così complicato fino a vederti sbocciare.
Hai sparso amore tra tutto il personale ospedaliero, che ha avuto per te, oltre alla professionalità, attenzioni e cure inimmaginabili in questi ultimi due mesi.
Oggi siamo nel pianto, ma con il cuore colmo di ringraziamento per il dono che sei stata per la tua famiglia, per tuo fratello Andrea e tua sorella Claudia, per mamma Rita e babbo Ninetto, per la parrocchia, per i bambini, per la diocesi, per l’Azione Cattolica, per i tuoi amici e amiche, per i colleghi e i bambini che hai avuto come maestra.
La vita spesso non ti ha sorriso, ma tu hai deciso che era meglio sorridere e vivere, piuttosto che lasciarsi andare. 
Di tutto questo noi ringraziamo il Padre di ogni consolazione.


Amavi particolarmente questa foto, perché potevi prendermi in giro, ed era bello essere preso in giro così.
Ciao Manu, arrivederci in Paradiso. E quando sarà il momento, tira giù la corda di nascosto per me da qualche finestra laterale: sono sicuro che il “tuo” Gesù che tanto amavi, non ti negherà questa grazia per un amico.

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