1Sam
16,1b.4.6-7.10-13
Ef
5,8-14
Gv
9,1-41
L'eucaristia
dona uno sguardo penetrante
Abbiamo
ascoltato il racconto del cieco al quale Gesù ridà la vista al
Tempio.
Nel
Vangelo di Giovanni il Tempio è il luogo nel quale avvengono la
maggior parte delle dispute di Gesù con i capi. Già in precedenza
Egli aveva affermato di essere la luce del mondo, e di chi lo avrebbe
seguito aveva detto che «non camminerà nelle tenebre, ma avrà la
luce della vita» (Gv
8, 12).
Sono
affermazioni un po' strane, perchè noi partiamo dalla nostra
esperienza reale che è quella che vediamo, abbiamo luce, la luce
attorno a noi splende.
Cosa
vuol dire Gesù?
Lo
capiamo subito ascoltando questo brano evangelico così intenso e
drammatico, che non racconta un semplice “miracolo”.
«Gesù
passando vide un uomo cieco dalla nascita», dice l'evangelista «e i
suoi discepoli lo interrogarono «Rabbì, chi ha peccato, lui o i
suoi genitori, perchè sia nato cieco?».
Laddove
tutti passando vedono un caso di teologia morale, Gesù vede «un
uomo» con
un problema che lo affligge dalla nascita. Più avanti si dirà che
questo cieco era un mendicante... altri vi vedono un mendicante,
forse uno di cui aver pietà, a cui dare qualche spicciolo, o spesso
un seccatore, come capita a me con i tanti mendicanti che incrociano
la mia strada.
Lo
sguardo di Gesù! Gesù vede un
uomo, non
un caso da usare fare domande su Dio o uno scocciatore.
Un
uomo!
E
non indugia su articolate risposte teologiche che cerchino di far
capire il senso del male fisico, le responsabilità morali, il
rapporto che intercorre tra un Dio buono e il male nel mondo... a
queste domande dà una risposta secca: non si tratta di peccato suo o
dei suoi genitori. Quest'uomo Dio lo ha fatto per manifestare la sua
gloria in lui. Ogni
uomo Dio lo ha fatto per manifestare la sua gloria in lui,
anche quello che a nostro avviso è menomato, è diverso, è
emarginato a causa di un suo “difetto” vero o presunto.
«Gloria
di Dio è l'uomo vivente, e la vita dell'uomo consiste nella visione
di Dio» scriverà qualche secolo dopo Sant'Ireneo (Adv.
Haer.
4,20).
Con
parole nostre diremmo: Siamo
fatti per essere felici,
e questa chiamata alla felicità dobbiamo scoprire! Gesù ci sta
dicendo qual è la nostra vocazione prima, unica e definitiva: la
vita di Dio, la visione di Dio, cioè la vita piena, senza mancanza,
senza divisioni, senza limiti.
A
questa visione ci prepara e ci introduce in particolare l'Eucaristia,
e tutta la nostra vita vissuta nella fede in Gesù Cristo.
In
che modo ci prepara e ci introduce?
L'evangelista
Giovanni afferma che Gesù
fece del fango con la sua saliva,
lo spalmò sugli occhi del cieco e lo mandò a lavarsi alla piscina
di Siloe.
Tutti
ricordiamo che il libro della Genesi ci racconta qualcosa di simile a
proposito della creazione
dell'uomo:
«Una
polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo.
Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò
nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere
vivente»
(Gn 2,6-7).
Gesù
ripete su quest'uomo i gesti della creazione dell'uomo per dirci che
il primo miracolo è proprio questo: che
noi veniamo dalle mani di Dio, non siamo frutto di peccato.
Il
peccato è qualcosa di esterno a noi, anche di forte e potente, ma
l'uomo vivente è creato a immagine di Dio, è la sua gloria.
Questo
è lo sguardo nuovo e la luce nuova, che i farisei e i capi non
accolgono. Di Gesù diranno «Quest'uomo non è da Dio» (v. 16),
«Questi non sappiamo di dove sia» (v. 29). E di colui che era stato
cieco: «Sei nato immerso nei peccati e insegni a noi?» (v. 34). E
questa sarà la domanda decisiva di Gesù al cieco guarito: «Credi
tu nel Figlio dell'uomo?». Credi
tu nell'uomo che io sono? Credi che questo uomo che io sono ti ha
dato la luce?
Questa
nuova luce sull'umanità, sulla nostra umanità creata e ricreata
perchè sia gloria di Dio è lo sguardo nuovo che l'Eucaristia ci
offre.
Infatti
anche per celebrare l'Eucaristia con fede è necessario uno sguardo
nuovo.
Un
famoso inno di San Tommaso canta: «visus,
tactus, gustus in te fallitur/ Sed auditu solo tuto creditur»:
la vista,
il tatto, il gusto davanti all'eucaristia si sbagliano, solo la fede
che nasce dall'ascolto della sua Parola crede fermamente.
Sì quel pane ai nostri poveri sensi resta pane, quel vino resta
vino, eppure noi nella fede affermiamo che pane e vino manifestano
realmente la presenza di Gesù morto e risorto. È
più facile credere che un cieco riabbia la vista o che l'eucaristia
sia la presenza reale di Gesù Cristo in mezzo a noi?
Che vista ci vuole in noi per credere questo? Che vista è necessaria
per conoscere i segni di Dio nella nostra vita?
Noi
spesso ci limitiamo alla vista, al tatto, al gusto corporali. Ma
parallelamente ad essi esistono dei sensi spirituali, che spesso sono
anestetizzati, come bloccati, paralizzati.
E
allora ecco perchè la celebrazione ci pone davanti due mense: la
mensa della Parola e la mensa dell'Eucaristia. Pare che anticamente
si usasse addirittura riporre l'evangeliario dentro il tabernacolo. È
curioso che noi invece siamo così distratti davanti alla
proclamazione della Parola di Dio e così attenti e composti alla
consacrazione: ma queste due parti della Santa Messa sono
inscindibili, anzi: senza
l'ascolto non possiamo credere che quello è veramente il Suo corpo e
il suo sangue.
Allora
in questa domenica, in questo primo giorno di meditazione a noi per
fede vengono fatti alcuni doni: Gesù apre anche i nostri occhi
perchè possiamo riconoscerlo, e perchè seguendolo non inciampiamo.
Apre
i nostri occhi perchè possiamo vedere la realtà e guardarla col suo
sguardo: egli vede uomini e non «casi umani», vede la gloria di Dio
dove altri pensano ci sia il peccato. Quello sguardo che trasmette al
cieco è un nuovo sguardo sulla realtà che lo stimola dal di dentro
a discutere con i farisei, perchè ha fatto esperienza di un nuovo
modo di vedere, che i Giudei non conoscono, perchè loro sono fermi,
come fossilizzati in una mentalità che non può cambiare «Noi siamo
discepoli di Mosè».
Il
loro sguardo sulla realtà, su quella realtà che cava gli occhi a un
cieco, non lo vogliono conoscere. Il loro problema è che Gesù ha
guarito di sabato, andando contro la Torah. Non ricordano che il
sabato è il riposo di Dio dopo aver creato il mondo, quel riposo nel
quale vuole far entrare l'uomo, la comunione con Lui. I Giudei sono
ciechi perché non vogliono vedere la realtà, non accettano che Dio
possa agire in modo diverso da quello che loro hanno in testa.
Questa, intendiamoci, è spesso anche la nostra esperienza: non
accettare che l'azione di Dio sia diversa da come ci immaginiamo noi
che dovrebbe agire.
Allora
chiediamo in questa domenica che quel Gesù che noi intravediamo
nell'eucaristia, aumenti il nostro desiderio di lui, perchè
mostrandoci il suo volto, noi possiamo essere beati, possiamo
riconoscere colui attraverso il quale siamo stati fatti, colui che ha
dato la sua vita per noi. Questo è il cammino dell'uomo dalla terra
al Cielo. L'eucaristia ce ne dà in qualche modo un anticipo, che si
compirà definitivamente soltanto quando lo incontreremo faccia a
faccia.
Canta
san Tommaso concludendo quell'inno: «Iesu
quem velatum nunc aspicio/ Oro fiat illud quod tam sitio/ Ut te
revelata cernens facie/ Visu sim beatus tuae gloriae»,
«O Gesù,
che ora vedo velato, ti prego che si compia ciò di cui sono tanto
assetato: che riconoscendoti finalmente rivelato nel tuo volto, al
vederti io sia beato della tua gloria».
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