domenica 26 marzo 2017

L'eucaristia dona uno sguardo penetrante - Quarantore a Sardara

1Sam 16,1b.4.6-7.10-13
Ef 5,8-14
Gv 9,1-41
L'eucaristia dona uno sguardo penetrante


Abbiamo ascoltato il racconto del cieco al quale Gesù ridà la vista al Tempio.
Nel Vangelo di Giovanni il Tempio è il luogo nel quale avvengono la maggior parte delle dispute di Gesù con i capi. Già in precedenza Egli aveva affermato di essere la luce del mondo, e di chi lo avrebbe seguito aveva detto che «non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8, 12).
Sono affermazioni un po' strane, perchè noi partiamo dalla nostra esperienza reale che è quella che vediamo, abbiamo luce, la luce attorno a noi splende.
Cosa vuol dire Gesù?
Lo capiamo subito ascoltando questo brano evangelico così intenso e drammatico, che non racconta un semplice “miracolo”.
«Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita», dice l'evangelista «e i suoi discepoli lo interrogarono «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perchè sia nato cieco?».
Laddove tutti passando vedono un caso di teologia morale, Gesù vede «un uomo» con un problema che lo affligge dalla nascita. Più avanti si dirà che questo cieco era un mendicante... altri vi vedono un mendicante, forse uno di cui aver pietà, a cui dare qualche spicciolo, o spesso un seccatore, come capita a me con i tanti mendicanti che incrociano la mia strada.
Lo sguardo di Gesù! Gesù vede un uomo, non un caso da usare fare domande su Dio o uno scocciatore.
Un uomo!
E non indugia su articolate risposte teologiche che cerchino di far capire il senso del male fisico, le responsabilità morali, il rapporto che intercorre tra un Dio buono e il male nel mondo... a queste domande dà una risposta secca: non si tratta di peccato suo o dei suoi genitori. Quest'uomo Dio lo ha fatto per manifestare la sua gloria in lui. Ogni uomo Dio lo ha fatto per manifestare la sua gloria in lui, anche quello che a nostro avviso è menomato, è diverso, è emarginato a causa di un suo “difetto” vero o presunto.
«Gloria di Dio è l'uomo vivente, e la vita dell'uomo consiste nella visione di Dio» scriverà qualche secolo dopo Sant'Ireneo (Adv. Haer. 4,20).
Con parole nostre diremmo: Siamo fatti per essere felici, e questa chiamata alla felicità dobbiamo scoprire! Gesù ci sta dicendo qual è la nostra vocazione prima, unica e definitiva: la vita di Dio, la visione di Dio, cioè la vita piena, senza mancanza, senza divisioni, senza limiti.
A questa visione ci prepara e ci introduce in particolare l'Eucaristia, e tutta la nostra vita vissuta nella fede in Gesù Cristo.
In che modo ci prepara e ci introduce?
L'evangelista Giovanni afferma che Gesù fece del fango con la sua saliva, lo spalmò sugli occhi del cieco e lo mandò a lavarsi alla piscina di Siloe.
Tutti ricordiamo che il libro della Genesi ci racconta qualcosa di simile a proposito della creazione dell'uomo: «Una polla d’acqua sgorgava dalla terra e irrigava tutto il suolo. Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente» (Gn 2,6-7).
Gesù ripete su quest'uomo i gesti della creazione dell'uomo per dirci che il primo miracolo è proprio questo: che noi veniamo dalle mani di Dio, non siamo frutto di peccato.
Il peccato è qualcosa di esterno a noi, anche di forte e potente, ma l'uomo vivente è creato a immagine di Dio, è la sua gloria.
Questo è lo sguardo nuovo e la luce nuova, che i farisei e i capi non accolgono. Di Gesù diranno «Quest'uomo non è da Dio» (v. 16), «Questi non sappiamo di dove sia» (v. 29). E di colui che era stato cieco: «Sei nato immerso nei peccati e insegni a noi?» (v. 34). E questa sarà la domanda decisiva di Gesù al cieco guarito: «Credi tu nel Figlio dell'uomo?». Credi tu nell'uomo che io sono? Credi che questo uomo che io sono ti ha dato la luce?
Questa nuova luce sull'umanità, sulla nostra umanità creata e ricreata perchè sia gloria di Dio è lo sguardo nuovo che l'Eucaristia ci offre.
Infatti anche per celebrare l'Eucaristia con fede è necessario uno sguardo nuovo.
Un famoso inno di San Tommaso canta: «visus, tactus, gustus in te fallitur/ Sed auditu solo tuto creditur»: la vista, il tatto, il gusto davanti all'eucaristia si sbagliano, solo la fede che nasce dall'ascolto della sua Parola crede fermamente. Sì quel pane ai nostri poveri sensi resta pane, quel vino resta vino, eppure noi nella fede affermiamo che pane e vino manifestano realmente la presenza di Gesù morto e risorto. È più facile credere che un cieco riabbia la vista o che l'eucaristia sia la presenza reale di Gesù Cristo in mezzo a noi? Che vista ci vuole in noi per credere questo? Che vista è necessaria per conoscere i segni di Dio nella nostra vita?
Noi spesso ci limitiamo alla vista, al tatto, al gusto corporali. Ma parallelamente ad essi esistono dei sensi spirituali, che spesso sono anestetizzati, come bloccati, paralizzati.
E allora ecco perchè la celebrazione ci pone davanti due mense: la mensa della Parola e la mensa dell'Eucaristia. Pare che anticamente si usasse addirittura riporre l'evangeliario dentro il tabernacolo. È curioso che noi invece siamo così distratti davanti alla proclamazione della Parola di Dio e così attenti e composti alla consacrazione: ma queste due parti della Santa Messa sono inscindibili, anzi: senza l'ascolto non possiamo credere che quello è veramente il Suo corpo e il suo sangue.
Allora in questa domenica, in questo primo giorno di meditazione a noi per fede vengono fatti alcuni doni: Gesù apre anche i nostri occhi perchè possiamo riconoscerlo, e perchè seguendolo non inciampiamo.
Apre i nostri occhi perchè possiamo vedere la realtà e guardarla col suo sguardo: egli vede uomini e non «casi umani», vede la gloria di Dio dove altri pensano ci sia il peccato. Quello sguardo che trasmette al cieco è un nuovo sguardo sulla realtà che lo stimola dal di dentro a discutere con i farisei, perchè ha fatto esperienza di un nuovo modo di vedere, che i Giudei non conoscono, perchè loro sono fermi, come fossilizzati in una mentalità che non può cambiare «Noi siamo discepoli di Mosè».
Il loro sguardo sulla realtà, su quella realtà che cava gli occhi a un cieco, non lo vogliono conoscere. Il loro problema è che Gesù ha guarito di sabato, andando contro la Torah. Non ricordano che il sabato è il riposo di Dio dopo aver creato il mondo, quel riposo nel quale vuole far entrare l'uomo, la comunione con Lui. I Giudei sono ciechi perché non vogliono vedere la realtà, non accettano che Dio possa agire in modo diverso da quello che loro hanno in testa. Questa, intendiamoci, è spesso anche la nostra esperienza: non accettare che l'azione di Dio sia diversa da come ci immaginiamo noi che dovrebbe agire.
Allora chiediamo in questa domenica che quel Gesù che noi intravediamo nell'eucaristia, aumenti il nostro desiderio di lui, perchè mostrandoci il suo volto, noi possiamo essere beati, possiamo riconoscere colui attraverso il quale siamo stati fatti, colui che ha dato la sua vita per noi. Questo è il cammino dell'uomo dalla terra al Cielo. L'eucaristia ce ne dà in qualche modo un anticipo, che si compirà definitivamente soltanto quando lo incontreremo faccia a faccia.

Canta san Tommaso concludendo quell'inno: «Iesu quem velatum nunc aspicio/ Oro fiat illud quod tam sitio/ Ut te revelata cernens facie/ Visu sim beatus tuae gloriae», «O Gesù, che ora vedo velato, ti prego che si compia ciò di cui sono tanto assetato: che riconoscendoti finalmente rivelato nel tuo volto, al vederti io sia beato della tua gloria»

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