Sempre
più mi convinco che la fede ha bisogno di un oggetto - in senso filosofico [ Dall'Enciclopedia Treccani: 1. In filosofia, ogni cosa che il soggetto percepisce come diversa da sé, quindi tutto ciò che è pensato, in quanto si distingue sia dal soggetto pensante sia dall’atto con cui è pensato: o. reale, immaginario, sensibile, ideale, materiale, immateriale; l’o. della conoscenza, del pensiero, della coscienza, della sensazione, delle percezioni, oppure la conoscenza, la percezione degli o., la rappresentazione degli o. alla mente. In questo senso, la parola non implica necessariamente l’esistenza in sé della cosa pensata; in altri casi, invece, indica una realtà che possiede un’esistenza propria, indipendente dalla conoscenza o dall’idea che ne può avere il soggetto pensante: o. conoscibili e o. inconoscibili.]- che non sia tangibile
immediatamente.
Sì, avete capito bene: un oggetto che non si vede, non si tocca, non si sente, non si gusta e non si odora.
Voglio
dire che la fede ha bisogno di segni che rimandano ad altro, e non di visione.
Infatti
noi non potremmo tollerare la potenza della visione di Dio (in questo
senso il richiamo biblico: Nessuno può vedere Dio e vivere).
Perché
se Dio è il Tutto che ha fatto tutto dal nulla, anzi di più, se
egli è al di là del tutto come misura quantificabile, se egli è –
come dice ogni filosofia della religione e come dice anche il più
semplice catechismo – Colui del quale non si può dare una
definizione, perché nel momento stesso in cui lo de-finiamo, egli
supera l’angusto confine della parola...
Michelangelo - Mosè "cornuto" (foto J.B.Unna) |
Se
Dio è questo incommensurabile e l’incommensurabilità stessa
dell’incommensurabile, Colui che tutto avvolge senza essere
compreso in niente di quanto porta la sua pur debole traccia, se
persino le parole più sapienti che ne hanno voluto parlare lo hanno
descritto come Colui che passava dando le spalle al suo servo Mosè,
facendo udire soltanto la Voce...
Ebbene
se Dio è tutto questo e oltre tutto questo, come l’uomo, creatura
finita e mortale potrebbe sostenere il peso di una visione del
genere?
Come
potrebbe sostenere l’energia dalla quale promana tutto l’universo e i mille e mille universi, e come potrebbe sostenere la visione di
qualcosa che supera ogni possibilità di visione e non esserne
incenerito all’istante? Come potrebbe sopravvivere l'uomo, se talvolta gli basta un tramonto per avvertire il senso della propria piccolezza, o gli basta la luna contemplata in una notte per contrapporre, come diceva il Pastore errante di Leopardi "questo vagar mio breve" con "il tuo corso immortale"?
Sì però. Sed contra.
Sì però voi preti ci dite che Dio si è fatto uomo, che il Figlio di Dio è diventato uno di noi, e quindi a rigore un uomo non dovrebbe fare questo effetto soverchiante, per quanto un uomo specialissimo come il Figlio di Dio, sempre uomo è.
Sì però. Sed contra.
Sì però voi preti ci dite che Dio si è fatto uomo, che il Figlio di Dio è diventato uno di noi, e quindi a rigore un uomo non dovrebbe fare questo effetto soverchiante, per quanto un uomo specialissimo come il Figlio di Dio, sempre uomo è.
Sì.
È vero. È totalmente uomo, e chi lo ha conosciuto ha potuto vedere
attraverso di Lui il Padre.
Ma
ora egli ha superato la barriera della mortalità, oggettivo ostacolo
alla visione di Dio.
Ora
Egli, quell’uomo Gesù di Nazaret, vive risorto alla destra del
Padre. Diciamo così, un linguaggio mutuato dalle Scritture, se non
vi piace, usate un altro modo, ma per dire la stessa cosa: che dopo
la sua morte e risurrezione egli è tornato, da uomo, a essere Figlio
di Dio anche nella sua abitualità. Se è lecito pensare che mentre
ha vissuto la sua vita terrena, il Figlio di Dio passeggiasse sulla
terra e pur unito al Padre attraverso lo Spirito ne era separato in
quanto uomo, in tutto simile a noi, ora non è più così: ora è
unito a Lui attraverso lo Spirito e in quanto uomo, totalmente e
definitivamente uno col Padre nel suo essere uomo.
Dunque,
se è così, noi non possiamo vederlo e rimanere vivi, perché questa
visione supera ogni possibilità di visione, questa conoscenza
esperienziale supera ogni possibilità di conoscenza.
E
dunque cosa ci resta? Come facciamo a credere in Lui se non ci è
possibile vederlo, né vederne dei segni che ci dicano chiaramente e
definitivamente che Egli esiste ed è davvero Dio?
Gesù
ha lasciato dei segni, che la Chiesa, anch’essa segno di Lui (suo
corpo, la chiama l’Apostolo) chiama sacramenti. Segni che sono
fatti di parole umane e di diverse materie: acqua, olio, pane, vino,
alcuni gesti umanissimi, come una carezza, un tocco, una parola
scambiata.
Possiamo
credere in Dio a partire da questi segni?
Io
direi che se non crediamo in Dio a partire da questi segni non
abbiamo compreso nulla.
Infatti
è grazie a questi segni che noi possiamo essere liberi: se Dio si
mostrasse a noi nel fulgore della sua verità, noi ne saremmo
atterriti, e lungi dall’adorare, ci inginocchieremmo per timore,
davanti alla grandezza e alla potenza di una Forza che tutto ha fatto
e che non si misura in kilotoni, per il semplice motivo che non
basterebbero tutti i numeri del mondo a quantificarla.
Crederemmo,
se anche rimanessimo vivi, per il terrore di una forza così grande.
Allo stesso modo in cui gli antichi scambiavano i terremoti e i
vulcani per Dio che si faceva udire, e si inginocchiavano impauriti e
adoravano un Dio che non conoscevano.
Soltanto
che qui non si tratta di terremoti o vulcani, o di eventi atmosferici
o geologici.
Qui
si tratta di una forza che sovrasterebbe la nostra mente, non come un
lavaggio di cervello, ma come una impossibilità di opporre
resistenza, fosse anche per dire: Sì, io credo.
In
altri termini, se Dio ci apparisse ora nello splendore della sua
grandezza, noi non saremmo liberi di crederGli.
Ecco
perchè si mostra a noi attraverso segni che vanno accolti con un
atto di fede. Perché attraverso quei segni, sacramenti, noi possiamo
esercitare la nostra libertà. Piccoli e poveri segni nei quali Egli
ci ha promesso la sua presenza non sovrastante ma leggera, semplice,
comprensibile a tutti, sebbene non interamente e definitivamente
chiara (vediamo per speculum et in enigmate).
Se
non credo attraverso questi segni la mia fede non è libera. Se per
credere aspetto di vederlo a faccia a faccia, e così crederò...
beh... c’è da dubitare che sia sulla strada giusta. Forse sto
cercando un Dio Padrone, un Dio Potente, un Dio che non mi lascia
neanche lo spazio della mia libertà.
Invece
Egli, proprio facendo così, diventa il custode più geloso della
libertà dell’uomo, attento a far sì che nessuno creda a Lui per
timore, ma solo in un estremo gesto di abbandono filiale.
Beati
coloro che pur non avendo visto, crederanno.
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