giovedì 10 agosto 2017

La fede ha bisogno di NON VEDERE Dio (sì, avete letto bene)

Sempre più mi convinco che la fede ha bisogno di un oggetto - in senso filosofico [ Dall'Enciclopedia Treccani: 1. In filosofia, ogni cosa che il soggetto percepisce come diversa da sé, quindi tutto ciò che è pensato, in quanto si distingue sia dal soggetto pensante sia dall’atto con cui è pensato: orealeimmaginariosensibileidealematerialeimmaterialel’odella conoscenzadel pensierodella coscienzadella sensazionedelle percezioni, oppure la conoscenzala percezione degli o., la rappresentazione degli oalla mente. In questo senso, la parola non implica necessariamente l’esistenza in sé della cosa pensata; in altri casi, invece, indica una realtà che possiede un’esistenza propria, indipendente dalla conoscenza o dall’idea che ne può avere il soggetto pensante: oconoscibili e oinconoscibili.]-  che non sia tangibile immediatamente.
Sì, avete capito bene: un oggetto che non si vede, non si tocca, non si sente, non si gusta e non si odora.
Voglio dire che la fede ha bisogno di segni che rimandano ad altro, e non di visione.
Infatti noi non potremmo tollerare la potenza della visione di Dio (in questo senso il richiamo biblico: Nessuno può vedere Dio e vivere).
Perché se Dio è il Tutto che ha fatto tutto dal nulla, anzi di più, se egli è al di là del tutto come misura quantificabile, se egli è – come dice ogni filosofia della religione e come dice anche il più semplice catechismo – Colui del quale non si può dare una definizione, perché nel momento stesso in cui lo de-finiamo, egli supera l’angusto confine della parola...
Michelangelo - Mosè "cornuto" (foto J.B.Unna)
Se Dio è questo incommensurabile e l’incommensurabilità stessa dell’incommensurabile, Colui che tutto avvolge senza essere compreso in niente di quanto porta la sua pur debole traccia, se persino le parole più sapienti che ne hanno voluto parlare lo hanno descritto come Colui che passava dando le spalle al suo servo Mosè, facendo udire soltanto la Voce...
Ebbene se Dio è tutto questo e oltre tutto questo, come l’uomo, creatura finita e mortale potrebbe sostenere il peso di una visione del genere?
Come potrebbe sostenere l’energia dalla quale promana tutto l’universo e i mille e mille universi, e come potrebbe sostenere la visione di qualcosa che supera ogni possibilità di visione e non esserne incenerito all’istante? Come potrebbe sopravvivere l'uomo, se talvolta gli basta un tramonto per avvertire il senso della propria piccolezza, o gli basta la luna contemplata in una notte per contrapporre, come diceva il Pastore errante di Leopardi "questo vagar mio breve" con "il tuo corso immortale"?
Sì però. Sed contra. 
Sì però voi preti ci dite che Dio si è fatto uomo, che il Figlio di Dio è diventato uno di noi, e quindi a rigore un uomo non dovrebbe fare questo effetto soverchiante, per quanto un uomo specialissimo come il Figlio di Dio, sempre uomo è.
Sì. È vero. È totalmente uomo, e chi lo ha conosciuto ha potuto vedere attraverso di Lui il Padre.
Ma ora egli ha superato la barriera della mortalità, oggettivo ostacolo alla visione di Dio.
Ora Egli, quell’uomo Gesù di Nazaret, vive risorto alla destra del Padre. Diciamo così, un linguaggio mutuato dalle Scritture, se non vi piace, usate un altro modo, ma per dire la stessa cosa: che dopo la sua morte e risurrezione egli è tornato, da uomo, a essere Figlio di Dio anche nella sua abitualità. Se è lecito pensare che mentre ha vissuto la sua vita terrena, il Figlio di Dio passeggiasse sulla terra e pur unito al Padre attraverso lo Spirito ne era separato in quanto uomo, in tutto simile a noi, ora non è più così: ora è unito a Lui attraverso lo Spirito e in quanto uomo, totalmente e definitivamente uno col Padre nel suo essere uomo.

Dunque, se è così, noi non possiamo vederlo e rimanere vivi, perché questa visione supera ogni possibilità di visione, questa conoscenza esperienziale supera ogni possibilità di conoscenza.
E dunque cosa ci resta? Come facciamo a credere in Lui se non ci è possibile vederlo, né vederne dei segni che ci dicano chiaramente e definitivamente che Egli esiste ed è davvero Dio?
Gesù ha lasciato dei segni, che la Chiesa, anch’essa segno di Lui (suo corpo, la chiama l’Apostolo) chiama sacramenti. Segni che sono fatti di parole umane e di diverse materie: acqua, olio, pane, vino, alcuni gesti umanissimi, come una carezza, un tocco, una parola scambiata.
Possiamo credere in Dio a partire da questi segni?
Io direi che se non crediamo in Dio a partire da questi segni non abbiamo compreso nulla.
Infatti è grazie a questi segni che noi possiamo essere liberi: se Dio si mostrasse a noi nel fulgore della sua verità, noi ne saremmo atterriti, e lungi dall’adorare, ci inginocchieremmo per timore, davanti alla grandezza e alla potenza di una Forza che tutto ha fatto e che non si misura in kilotoni, per il semplice motivo che non basterebbero tutti i numeri del mondo a quantificarla.
Crederemmo, se anche rimanessimo vivi, per il terrore di una forza così grande. Allo stesso modo in cui gli antichi scambiavano i terremoti e i vulcani per Dio che si faceva udire, e si inginocchiavano impauriti e adoravano un Dio che non conoscevano.
Soltanto che qui non si tratta di terremoti o vulcani, o di eventi atmosferici o geologici.
Qui si tratta di una forza che sovrasterebbe la nostra mente, non come un lavaggio di cervello, ma come una impossibilità di opporre resistenza, fosse anche per dire: Sì, io credo.
In altri termini, se Dio ci apparisse ora nello splendore della sua grandezza, noi non saremmo liberi di crederGli.
Ecco perchè si mostra a noi attraverso segni che vanno accolti con un atto di fede. Perché attraverso quei segni, sacramenti, noi possiamo esercitare la nostra libertà. Piccoli e poveri segni nei quali Egli ci ha promesso la sua presenza non sovrastante ma leggera, semplice, comprensibile a tutti, sebbene non interamente e definitivamente chiara (vediamo per speculum et in enigmate).
Se non credo attraverso questi segni la mia fede non è libera. Se per credere aspetto di vederlo a faccia a faccia, e così crederò... beh... c’è da dubitare che sia sulla strada giusta. Forse sto cercando un Dio Padrone, un Dio Potente, un Dio che non mi lascia neanche lo spazio della mia libertà.
Invece Egli, proprio facendo così, diventa il custode più geloso della libertà dell’uomo, attento a far sì che nessuno creda a Lui per timore, ma solo in un estremo gesto di abbandono filiale.

Beati coloro che pur non avendo visto, crederanno.

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