PIETRO
DI BETSAIDA DI GALILEA
(Mt
4,18-22; Mt
16,13-23, Lc
22,61, Gv
21,1-19)
Roma- Santissima Trinità dei Monti |
Ci
sono delle cose che si imprimono nella mia memoria come se fossero
scolpite. Cose che rivivo quotidianamente in simultanea: sono quelle
che io chiamo “le mie vocazioni”. Tenterò di spiegarmi.
Forse
tu sai che io lavoravo con Andrea mio fratello, e con i miei soci,
Giovanni e Giacomo. Un’impresa faticosa e onesta, siamo pescatori.
Mi è sempre piaciuto il mio lavoro, sai? Un po’ anfibio, metà a
terra metà in mare, senza mai schierarmi definitivamente.
Perché
in fondo è rassicurante sapere che la tua vita sta tutta dentro un
lago, che le persone che incontri ruotano tutte attorno al lago, che
i pesci che peschi stanno tutti lì, e che escluso il pellegrinaggio
annuale che facevamo a Gerusalemme, la nostra vita iniziava e finiva
a Cafarnao. Tutto questo era per me molto confortante: mio fratello,
mia moglie, i miei figli, i soci, la barca, il mercato...
Poi
un giorno Gesù passò sulla spiaggia del nostro mare (lo chiamavamo
così perché ci sembrava grande, enorme, ma in realtà tutto sembra
grande quando si hanno pochi termini di paragone) e chiamò me e mio
fratello a seguirlo. Ci promise che saremmo diventati pescatori di
uomini. Chissà cosa voleva dire! Però fu di un fascino tale, che
mio fratello e io mollammo le reti, e andammo dietro al Maestro di
Nazaret. E mai avrei pensato di finire la mia vita a Roma, io che ero
vissuto fino a quel momento sul lago.
Furono
anni bellissimi dopo questa chiamata. Un giorno, stavamo alle
sorgenti del Giordano, un luogo incantevole. E Gesù ci chiese cosa
pensavamo di lui...
Io
che lo avevo visto agire e parlare come mai nessun uomo aveva fatto,
ne ero sicuro: «Tu sei l’Unto, il figlio del Dio Vivente!». Non
so da dove mi vennero esattamente queste parole: le credevo, anche se
forse non avrei mai potuto dirle così bene. Ma la cosa più
strabiliante fu la sua risposta: egli mi disse che io sarei diventato
una pietra
di fondazione
per la sua comunità, e che le potenze del male non l’avrebbero
potuta abbattere.
Capisci?
Io ero un pescatore, mica un architetto! Men che mai un muratore! La
mia barca veniva sballottata dai venti e dalle correnti del lago. Se
pioveva troppo non si pescava, se non cresceva la luna non si
pescava... ero soggetto a continui mutamenti anche nel mio umore.
Ora
lui mi dice che sarei diventato pietra... che su di me anche altri
avrebbero costruito.
E
non finisce qui, perché subito dopo mi disse anche che mi avrebbe
dato le
chiavi del regno dei cieli...
Che
responsabilità, aprire quella porta ai fratelli! Ma allora mi
sembravano tutte parole esagerate e incomprensibili, tanto che Gesù
stesso ci ordinò di tacere questi nostri dialoghi. E cominciò a
dire che sarebbe stato accusato a Gerusalemme, che lo avrebbero fatto
soffrire, che lo avrebbero ucciso e che il terzo giorno sarebbe
risuscitato.
Non
ci vidi più, lo presi da parte e cominciai a rimproverarlo: «Come
ti permetti? Dove andiamo noi senza di te!? Tu solo hai parole di
vita eterna. Come faccio a costruire una comunità se tu vieni
ucciso!?». D’altra parte ero ben più grande di lui, e poi lui non
aveva mai parlato così. Stavamo bene in quel posto, chiacchieravamo
come amici, possibile che dovesse pensare a queste cose?
Non
mi aspettavo la sua reazione: fu di una forza e di una durezza
straordinarie. Mi disse: «Tu mi farai cadere, sei mio nemico! Vai
dietro a me!».
Io
ero furente, e anche imbarazzato: Gesù non chiamava nemici neppure i
farisei. Mi aveva chiamato satana.
Possibile che avessi detto una cosa così sbagliata? Io gli volevo
bene, non volevo che morisse.
Non
mi rendevo pienamente conto che ancora una volta mi chiamava a
seguirlo.
Prima
pescatore di uomini, poi pietra di costruzione, poi clavigero del
paradiso, ma
sempre e soltanto discepolo.
Georges de la Tour - Tradimento di Pietro |
Così
arrivammo a quella notte, quella notte in cui capii cosa
significavano quei discorsi, e in cui lo tradii davanti a una serva,
e giurai e spergiurai di non conoscerlo.
Allora
successe una cosa strana, mentre ero nel cortile di Caifa a
Gerusalemme: io spiavo da lontano i movimenti delle guardie del sommo
sacerdote. Una piccola folla si era radunata lì: tre volte mi
chiesero se lo conoscessi e mi intimarono di dire la verità, e tre
volte io negai. Avevo paura. Dio mio! Come sono caduto in basso.
Aveva ragione lui, ero suo nemico. Avevo tradito il mio Maestro, il
mio amico, colui dal quale avevo ricevuto solo del bene, che mi aveva
dato una dignità che mai nessuno mi aveva dato.
A
quel punto, era quasi l’alba, i galli cominciarono a cantare in
tutta Gerusalemme. E Gesù, che era legato e veniva interrogato
davanti alla porta, si voltò come per cercare qualcuno. E quando
incrociò il mio sguardo mi fece un sorriso. Conoscevo quello sguardo
e quel sorriso: quante volte nei nostri discorsi, quando dicevo
qualche sciocchezza, lui mi guardava così. Erano occhi che non
avevano bisogno di parole: dicevano la sua comprensione per me, la
sua pazienza, la sua amicizia. Non parlava, non mi giudicava, non mi
rimproverava. Mi guardava. E io non capivo esattamente cosa
producesse quello sguardo in me, ma sentivo di essere compreso da lui
in quel momento, di essere abbracciato, di essere amato così come
ero, anche con le mie debolezze.
Ma
quella notte quello sguardo finalmente fece sgorgare da me un pianto
dirotto. Non potevo trattenere le lacrime e i singhiozzi. Uscii fuori
e piansi per ore, finché non si fece giorno.
Georges de la Tour - Il pentimento di Pietro |
Avevo
capito che quell’annuncio della sua passione si stava ora
realizzando, e che io non solo non ero stato capace di difenderlo, ma
addirittura lo avevo tradito e rinnegato.
Ebbene,
non ti narrerò dello schianto provato al vederlo crocifisso, da
lontano ovviamente, né ti dirò di cosa ho provato al vedere la
tomba vuota, quali pensieri, quali sentimenti...
Arriviamo
al dunque: dopo che le donne vennero a dirci di averlo visto vivo,
egli apparve anche a noi.
Eravamo
tornati a pescare, là dove tutto era iniziato, proprio sul mare di
Tiberiade. Eravamo tornati a pescare perchè in fondo, anche se lo
avevamo visto, noi senza di lui pensavamo di non poter fare nulla.
Non potevamo più stare chiusi a Gerusalemme, la testa ribolliva, le
mani si dimenavano, dovevamo pur fare qualcosa!
Tuttavia
quella notte non pescammo nulla.
All’alba
notammo un uomo sulla riva, il quale ci chiese se avessimo del pesce
e, accidenti, non avevamo nulla da vendere! Ma quell’uomo
insisteva: Gettate
la rete a destra e pescherete!
Non
ci crederai, ma quella mattina tirammo su una quantità di pesci mai
vista in tutta la nostra vita. Giovanni si accorse subito che era
Gesù, io mi gettai in mare, e tutti corremmo a riva.
Lui
ci aveva preparato del pesce arrostito e del pane, e mangiammo tutti
in allegria.
A
fine pasto si rivolse a me chiamandomi Simone,
il mio vecchio nome, e mi chiese se gli volessi bene più degli
altri. Oh Dio, speravo che non sarebbe più tornato sull’argomento.
Arrossii come un bambino: Certo
Signore, tu lo sai, no?
Per
tre volte me lo chiese... non ce la facevo più. Alla terza volta gli
dissi: Ma
Signore, tu conosci tutto, tu sai che ti voglio bene!
Finalmente
il suo sguardo ritornò quello di sempre, mi comandò di pascere il
suo gregge, mi disse che sarei diventato vecchio, che mi avrebbero
condotto dove non volevo. Ma stavolta ero pronto: ormai potevo fare
qualunque cosa per lui.
Alla
fine mi disse di nuovo, come la prima volta: «Seguimi!».
Ecco,
queste sono
le mie tre chiamate:
all’inizio, quando con entusiasmo divenni discepolo; a metà del
percorso, quando volevo diventare maestro del mio Maestro, e invece
dovevo ritornare dietro, come un discepolo; e alla fine quando, pur
comandandomi di guidare il suo gregge, mi disse che dovevo rimanere
sempre discepolo.
Ti
dicevo che questi avvenimenti della mia vita li vivo sempre in
simultanea, e non come se fossero degli episodi passati: perché
sempre, anche ora che sono vecchio e minacciano di uccidermi da un
giorno all’altro, ho l’entusiasmo di quel primo giorno sulle rive
del mare di Tiberiade, quando cominciai a seguire Gesù e lui mi
chiamò a diventare suo amico.
Ma
sempre anche mi ribolle il sangue quando talvolta il Vangelo non mi
piace, quando faccio fatica a capire il perchè della croce, e allora
mi ribello... e sento Gesù che mi dice: Vai
dietro a me, Nemico!
E
ancora sovente mi ritrovo a dire:
Non ti conosco.
E incrocio di nuovo il suo sguardo, e piango, piango, piango... ed
egli mi si avvicina e mi
chiede soltanto se lo amo...
Dio se lo amo! Ma sono anche così fragile. E lui che fa?
Mi
chiama di nuovo a
pascere le sue pecore...
Ecco,
la mia vita ruota continuamente in questo vortice mai risolto: sento
di essere una frana, un peccatore, eppure sono sempre perdonato, e
rimesso in piedi. Lui si fida di me.
Cosa
potrei desiderare di più?
Ti
saluto con affetto,
Pietro,
il pescatore di uomini, la roccia, il
clavigero,
ma
sempre e comunque discepolo
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