domenica 21 aprile 2019

Omelia nel giorno di Pasqua

A. Soressi Trasporto di Gesù al sepolcro 
L’altro giorno mi è arrivato un messaggio sul cellulare. Diceva: «Corri come me ad attivare una nuova offerta». E mi è venuto in mente che nel giorno di Pasqua si parla di corse nel Vangelo, è tutto un correre, dal sepolcro a casa e da casa al sepolcro. Maria di Magdala corre, Pietro corre, il discepolo amato corre... più lenti, più veloci...
È la corsa frenetica davanti a un annuncio sconvolgente: la tomba è aperta, il sepolcro è vuoto!
E mi sono chiesto: per cosa corro io? Per cosa corriamo noi? Cos’è che ci muove veramente, ci fa uscire dal nostro immobilismo, dalla nostra comodità? «S’abbisongiu bogada su becciu a curri», diciamo.
Qual è il nostro bisogno? Di cosa abbiamo bisogno? Di serenità, di pace, di tranquillità... Ci sembra di aver bisogno di queste cose.
Ma più di tutto, penso che abbiamo bisogno di senso, di recuperare un senso per il nostro correre, un senso che ci faccia comprendere dove andare, una direzione verso dove tendere, verso dove condurre la nostra vita.
Che ce ne facciamo della serenità se non sappiamo a cosa ci serve? Che ce ne facciamo della pace se non sappiamo a che scopo vivere in pace?
Siamo perennemente scontenti perché spesso non troviamo un senso alla nostra vita.
Alcune persone, non vedendo i risultati che si aspettavano nella loro esistenza, si chiedono: Avrò sbagliato tutto nella vita?
Altre invece, che si ritengono fortunate, pensano: Dio mi ha benedetto.
Noi spesso facciamo ragionamenti di questo tipo.
Domande come queste forse se le sono poste anche i discepoli, davanti al fallimento del loro maestro, davanti a una tomba vuota, davanti a una donna che vaneggiava: «Forse abbiamo sbagliato tutto, abbiamo sbagliato a seguirlo. Avevano ragione i capi, lui non era il Messia. Che senso ha avuto seguirlo?». 
Non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
Ripeto la domanda: verso dove corriamo? Quale vera offerta irrinunciabile ci viene fatta nella vita?
Oggi, nel giorno di Pasqua, ci viene offerta una tomba vuota, ci viene offerta una scena che lascia senza parole. 
Eppure da quella tomba vuota tutto è partito. Quando Pietro rilegge la sua esperienza di discepolo a partire da quella tomba si rende conto che tutto aveva un senso, anche la morte di Gesù, che tutto era misteriosamente ma realmente guidato da Dio, anche quelle situazioni che apparentemente sembravano dimenticate da Dio.
E qual era il senso di tutto?
Che la vita del Figlio di Dio, e per chi si fida di lui, anche la nostra vita, è avvolta da un amore più grande della morte.
So che siamo allergici alla parola “amore”, soprattutto attribuita a Dio.
Ci sembra quasi esagerata. Dio ci ama, sì... ma poi abbiamo problemi, dobbiamo affrontare malattie, litigi, guerre... Che amore è questo?
No, certamente non è l’amore da vetrina, non è l’amore truccato delle trasmissioni televisive. È un amore a caro prezzo, è un amore che è costato la vita al Figlio.
Usciamo da questa celebrazione con la convinzione che l’amore di Dio non è una dose di tranquillante, ma è il senso della vita, è la direzione da dare alla vita. Non è qualcosa da esibire, ma qualcosa da scambiare.
Io ho paura di dire “risurrezione” perché so quante morti dobbiamo affrontare, quante mortificazioni, privazioni, problemi e sofferenze. Ho paura a dirvi che risorgeremo, perché ho paura che fraintendiate. Risurrezione non è bacchetta magica, risurrezione è l’esito di una vita di amore. Risurrezione non è soluzione dei problemi, risurrezione è attraversare la croce, il venerdì santo.
Noi non possiamo parlare di risurrezione come parliamo del finale di una favola: e vissero tutti felici e contenti. La risurrezione è l’anima della vita al centro della sofferenza più grande, è la speranza per noi al centro di ogni nostra disperazione, è l’amore più grande in mezzo all’odio più profondo. 
No, non vi sembrino dei giochi di parole, fratelli e sorelle.
Banalizziamo la risurrezione di Gesù, quando non comprendiamo da quale dramma è arrivata. Solo guardando a colui che hanno trafitto possiamo comprendere il senso della risurrezione.
Ecco perché i discepoli dovranno vedere le sue ferite, sentire le sue parole, rinnovare il pasto con lui. Che è quello che noi facciamo in ogni eucaristia: perché il destino di chi si fa ponte, permettendo il passaggio, è quello di essere calpestato. Per questo ai ponti preferiamo i muri! (P.Pegoraro)
Noi abbiamo perso spesso la comprensione di ciò che facciamo, celebriamo in modo meccanico anche la Messa. Ma se per un momento noi proviamo a entrare dentro il mistero di amore sino alla fine che Gesù ci ha lasciato e proviamo a liberarci di tante incrostazioni che gli abbiamo appiccicato, forse capiamo che davvero solo lì, nelle sue parole e nel suo pane di vita, nella sua croce, troviamo senso per la nostra vita.
E allora ritorno alla domanda iniziale: Verso dove corriamo? Cos’è che ci muove?
Pasqua non è la festa della tranquillità, è la festa del movimento, è la festa di un Dio che non ci lascia marcire, che non ci lascia nel peccato. Accorgerci di questo, e imparare a vivere così. Dire come Pietro: di questo siamo testimoni!
Gesù è risorto veramente, è risorto anche per te, per dare un senso alla tua vita e alla tua morte. Vorrai accoglierlo oggi? Vorrai accettare anche tu questo annuncio?
Oppure farai come se nulla fosse, aggrappato a una religione di circostanza?
Questa è la domanda seria per noi. 
Ha un senso la mia vita? O è solo un caso e un errore della natura?
Burnard, Pietro e Giovanni
In Gesù risorto noi crediamo che la nostra vita abbia un senso, che maturi, che cresca che raggiunga la sua pienezza di amore.
Sì, ci fideremo di te Signore, perché solo tu sei fedele, solo tu mantieni la parola data.
Ci fidiamo di te e con te camminiamo, anzi corriamo, incontro ai nostri fratelli, per dire loro con le parole, e soprattutto con le opere, che Gesù è risorto, e che ci precede e ci accompagna.

1 commento: