C’è
un momento della vita, forse a causa di una grande gioia, o di un
grande dolore, di una nascita o della morte di chi ci è caro, della
perdita di tutto, o di una grande conquista personale, in cui forse
per la prima volta in modo serio ci chiediamo: Che
cos’è la morte? Che cos’è la vita? Che cos’è la fede?
E
allora occorre rimanere fedeli a questa domanda, abitarla, non andare
subito alla risposta preconfezionata, non accontentarci di quello che
abbia sempre sentito, o di una definizione letta su qualche libro,
fosse anche il catechismo o la Sacra Scrittura...
Se
siamo fedeli alla potenza e alla durezza di domande simili, la
liturgia di stanotte interviene proprio allora, perché ci apre uno
spiraglio per tentare di dare la nostra personale risposta: Che cos’è
la mia
vita? Che cos’è la mia
morte? Che cos’è la mia
fede?
Stanotte,
il buio è stato squarciato non da un sole accecante, ma da una luce
fioca: la
fiammella di un cero.
Il
silenzio è stato rotto non da un fiume di parole, ma da una parola
per certi versi incredibile: Non
abbiate paura, Gesù, il crocifisso, è risorto, non è qui!
Eppure
quella luce fioca, quella parola incredibile hanno trapassato il
tremendo confine della morte, della distanza tra Dio e uomo, e ci
aiutano a dare una risposta a quelle domande che facevamo all’inizio.
Non però una risposta fatta di parole, ma con l’aprire la bocca,
esclamando: «Oh!»
Sì,
carissimi fratelli e sorelle: stanotte non si tratta di imparare
dottrine, di conoscere definizioni, ma di aprirci
allo stupore di una realtà sulla quale noi non abbiamo nessun
controllo: la nostra vita e la nostra morte.
Si
tratta, stanotte, di lasciarci guidare, di lasciar vincere la nostra
superstizione, la nostra chiusura, il nostro razionalismo da ciò che
non possiamo neppure immaginare: che quell’uomo che abbiamo
contemplato morto, appeso a un patibolo, è risorto, è vivo, vuole
incontrarci, vuole parlarci, vuole darci speranza e fiducia nella
vita.
Noi
siamo abituati a pensare alla nostra fede attraverso le categorie di
pena e di premio, costruiamo tutta la vita in base alla meritocrazia,
vorremmo tenere tutto sotto controllo, e poi non ci rendiamo conto
che la morte è dietro l’angolo. L’indescrivibile e
incontrollabile provoca in noi terrore, come nelle donne che vanno al
sepolcro e poi tornano a casa e non dicono nulla.
Perché
chi va a dirlo ora ai discepoli e a Pietro che Gesù
si è alzato?
Una parola così semplice, persino banale, alzarsi,
proprio come si fa ogni mattina: questa parola ci consegnano i
vangeli! Così banale da doverne coniare una un po’ più elevata,
risorgere.
Cos’è
dunque, questo alzarsi di Gesù dalla tomba? Cos’è la
risurrezione?
È
Dio che pone fine per sempre al pensiero che bisogna
meritarsi Dio,
che bisogna guadagnarselo, ingraziarselo in qualche modo, facendo
sacrifici (Abramo / Isacco; Padre / Figlio), che bisogna calmare la
sua presunta ira nei confronti dell’uomo.
È
Dio che dice a ciascuno di noi: Lo
capisci o no che io voglio semplicemente che tu viva?
Che te l’ho dimostrato attraverso mio Figlio, rialzando lui, ma
voglio dimostrarlo anche in te, in voi, perché da oggi possiate
camminare in una vita nuova?
Cosa
rende allora la vita degna di essere vissuta?
I
soldi? La salute? Un buon lavoro? Una persona da amare?
Ma
che me ne faccio di tutte queste cose se non so perché ce le ho, se
non ho scoperto il senso della vita? Niente potrà darmi la felicità,
se non so per cosa essere felice, che scopo ha la mia esistenza.
Questa
notte ci apre uno squarcio di luce proprio su questa domanda. Ci
spinge a chiederci che senso ha la nostra vita, a partire da una
piccola fiamma, da un semplice invito a non aver paura, da un invito
a seguirLo, a seguire Colui che si è rialzato della morte, perché
egli ci aprirà quel senso, ci darà una famiglia, la sua Chiesa,
povera e peccatrice, perché fatta di uomini e non di angeli, di
persone in cammino non di gente perfetta, in cui cercare il senso di
chi siamo e di cosa ci facciamo su questa terra.
E ci
darà la forza e la perseveranza per
dare senso a ogni cosa che facciamo,
per dare senso a ogni croce che dobbiamo portare sulle spalle, per
illuminare tutte quelle situazioni che sono ancora nel sepolcro, le
guerre, le violenze di uomini contro altri uomini, le sopraffazioni,
perché ci mostrerà che ognuno di noi può fare la sua parte, e
quando abbiamo scoperto il senso della nostra vita, ognuno di noi
farà la sua parte, da prete, da laico, da padre, da moglie, da
figlio, da vedova, non importa che sia piccola come una candelina
come quelle che abbiamo stasera.
Può
darsi che stanotte siamo venuti qui per soddisfare un precetto, per
toglierci un dente, perché in fondo a Pasqua bisogna pur andare a
Messa...
O
forse appunto per
tenere a bada Dio,
per dirgli: Ecco,
sono tornato dall’anno scorso, vedi di star buono ancora per tutto
l’anno prossimo.
In
fondo pensiamo di calmare la nostra angoscia controllando i nostri
affetti, controllando i nostri desideri, il tempo, la nostra salute,
programmando e organizzando tutto, affinché nulla ci sfugga.
Controllando anche Dio.
Ma
ci sbagliamo. La realtà è che noi ci illudiamo di controllare, ma
non abbiamo il controllo di niente, meno che mai della nostra vita.
Io posso morire stanotte stessa!
No,
non siamo venuti a tenere sotto controllo Dio, e neppure a fargli un
favore, facendo un piccolo sacrificio a lui nell’offrirgli due ore
del nostro preziosissimo tempo: siamo venuti qui a ricevere nel
nostro buio, nella nostra paura, nel nostro silenzio incapace di
esprimersi, forse anche nel nostro odio e risentimento verso
qualcuno, una piccola luce, una piccola parola: Non
temere! Io ho fiducia in te, voglio donarti l’ebbrezza della
libertà di amare senza controllo, di smetterla di misurare.
Smettila
di voler tenere tutto sotto controllo: ti sfuggirà di mano!
Accetta
invece la logica del morire per vivere, del donarti per risorgere a
vita nuova.
Lascia
che quel sepolcro si svuoti, che Gesù si alzi anche nella tua tomba,
perché tu possa seguirlo, non solo in queste due ore, ma in ogni
istante della vita.
Perché
anche tu possa diventare un suo discepolo!
Stanotte
torneremo a casa con questa domanda: Che
senso ha la mia vita, Signore Gesù?
E se questo ci spaventa, riprendiamo in mano quella candela, ogni
notte, domani, dopodomani, accendiamola e lasciamoci illuminare da
quella parola che abbiamo appena ascoltato: Non
temete, andate, egli vi precede!
Perché
egli sta sempre davanti a noi. Il crocifisso si è rialzato. Non è
qui. Andate!
Buona
Pasqua!
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