«E
vissero tutti felici e contenti...». La risurrezione non è la
conclusione di una storia che aveva preso una brutta piega. Certo, è
più semplice dire cosa la risurrezione di Cristo non
è.
Orto degli Ulivi (foto Bruno Bignami) |
Non
si tratta di immedesimarsi, come tutti abbiamo fatto da bambini, nel
cavaliere che libera la sua dama dal drago cattivo, o nella
principessa che baciando il rospo stregato da un incantesimo, ne
ottiene la trasformazione in principe azzurro. Queste, che sono anche
metafore potenti della vita, non ci dicono ancora nulla della
risurrezione, come ancora poco ci dice l'altra potente metafora del
sole che risveglia la natura a primavera dal sonno invernale e dal
grigio del ghiaccio.
Per
credere alla risurrezione occorre entrare nella tomba, come Pietro e
Giovanni, perchè qui non si tratta del ristabilimento di una
giustizia precedente o della realizzazione di una storia d'amore
osteggiata, ma dell'inizio di esistenze, quelle dei discepoli, rapite
dall'amore di Cristo e capaci di seguirlo fino a percorrere essi
stessi il cammino dalla morte alla risurrezione.
È
una salvezza che chiede di andare al sepolcro a verificare che lì
Cristo non
c'è
e che non sappiamo neppure dove lo hanno posto. È una salvezza che
chiede di essere continuamente incarnata (vedere e credere) nella
vita del discepolo. Salvezza la cui misura è sempre proporzionata
alla vita del discepolo.
Roma - Mosaico nella Stazione Ottaviano Metro B |
Da
cosa ti salva il Signore? A me dall'orgoglio, a te dall'incapacità
di perdonare, a lei dalla chiusura al mondo, a lui dal tradimento...
Tutti dal buio dello Sceol.
Ecco perché non possiamo parlarne a mo' di un “lieto fine” da favola: perché d'ora in poi il Risorto non riprende la vita di prima, ma dà
senso,
direzione, destino
a ogni vita.
La
risurrezione pertanto non è una semplice metafora esistenziale, come
spesso si dice: anche tu hai le tue morti e devi
risorgere, bisogna
risollevarsi, etc. Chiacchiere.
Per
conoscere la potenza della risurrezione occorre stare là al
sepolcro, cercare il Signore, cercare il senso nel non senso, cercare
la luce nel buio.
In
quell'ordine apparente di teli posati sul sepolcro, di sudari ben
piegati, di segni di morte svuotati (questo ha
visto il
discepolo amato)
ci sono ora tutti i segni di morte del mondo svuotati della loro
forza. C'è la speranza per i bambini siriani, gassati da potenti che
credono di essere Dio, c'è la speranza per i popoli dell'America
Latina, sempre attraversati da revival autoritari. C'è la speranza
per me, che non conosco la bellezza della vita, perché il dolore mi
ha svuotato e mi ha reso insensibile a ogni gioia.
Gerusalemme, Basilica Santo Sepolcro (Foto Bruno Bignami) |
In
quel sepolcro vuoto e in quei panni ripiegati c'è, per chi ha fede
in lui, la certezza che anche la mia morte non è tutto. E che io
sono responsabile di come vivo e di ciò che faccio, come il Cristo è
stato responsabile della sua vita e della sua adesione al mistero
della volontà del Padre. Da questa sua adesione, minacciata dalla
tentazione al Getsemani, è scaturita la risurrezione.
Perciò
qui c'è il dramma della vita di ogni uomo e di ogni donna, il mio e
il tuo, non solo metaforicamente ricapitolati in Cristo, ma portati
direttamente nell'intimità di Dio, di un Dio che è sceso fino agli
inferi, dove non c'era speranza, a prendere per mano Adamo ed Eva e
tirarli fuori.
Buona
Pasqua!
Pubblicato su Il Portico del 16 aprile 2017
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