sabato 22 aprile 2017

Omelia per la festa di San Giorgio Martire - Pau

È bello che la festa di San Giorgio quest’anno cada nell’ottava di Pasqua e possiamo celebrarla proprio in coincidenza con al seconda domenica di Pasqua, la domenica della Divina Misericordia.
Perchè a ben guardare la Parola di Dio di questa domenica sembra fatta per descrivere la vita di San Giorgio, e quindi può aiutare anche noi, non solo a ringraziare Dio per il dono di questo martire intercessore, ma a cercare di modellare la nostra vita a partire dall’ascolto di questa parola.
La prima lettura ci riporta al clima della prima comunità cristiana, di coloro che hanno conosciuto Gesù, gli apostoli, e di coloro che hanno creduto alla parola degli apostoli, la nuova comunità che andava formandosi.
Perché proprio in quelle località, alcuni secoli dopo, anche questa deve essere stata l’esperienza di Giorgio, un giovane soldato che diventa cristiano perchè vede come vivono i cristiani: pregano insieme, condividono l’eucaristia, sono poveri, vendono le loro ricchezze per condividerle, vivono in letizia e semplicità di cuore.
Sembra quasi una descrizione fiabesca, ci chiediamo se mai sia esistita una comunità così idilliaca.
Forse gli atti degli apostoli, più che una descrizione vogliono trasmetterci un ideale: voi che siete credenti, cercate di vivere così. E noi, poveri cristiani, ci sforziamo.
Questo deve aver fatto anche san Giorgio: ha cercato di essere cristiano, nella preghiera, nella condivisione dei suoi beni, nell’eucaristia, nell’essere in pace con tutti.
Poi abbiamo ascoltato la seconda lettura.
San Pietro afferma una cosa all’apparenza strana: ci dice che dobbiamo essere pieni di gioia, anche se per un po’ di tempo siamo afflitti da varie prove. Ma se uno è afflitto non può essere gioioso, diciamo noi. Perché il cristiano può e deve essere gioioso? Perché nella sua vita egli ha una meta, ha una speranza, e questa meta e questa speranza hanno un nome: Gesù Risorto.
Il cristiano sperimenta la gioia di Gesù risorto che gli dona una eredità che non va in malora, gli dà una ricchezza conservata nella cassaforte del cielo, e gli assicura che la sua vita è custodita dalla potenza di Dio attraverso la fede. Attenzione: San Pietro descrive la fede come la corazza che custodisce il credente nella tribolazione e nella prova.
E anche questa informazione sembra richiamarci la vita di San Giorgio: egli che era un soldato, si toglie la corazza e non combatte davanti a chi vuole ucciderlo. Davanti a chi gli chiede di sacrificare agli idoli per salvarsi, egli rifiuta, si spoglia della sua armatura di soldato e si presenta nudo al martirio. O meglio, si presenta rivestito solo dalla fede che è la potenza di Dio a custodirlo.
E anche questo ci interroga, perchè noi innalziamo tante difese nella nostra vita, indossiamo tante armature per paura che la vita ci faccia male, siamo disposti a sacrificare a idoli, a dei che ci promettono illusioni di felicità, elisir di lunga vita, amori eterni... e invece oggi l’esempio di San Giorgio ci invita a spogliarci di tutte le sovrastrutture, a essere semplici nella nostra fede.
San Giorgio, a un certo punto della sua vita ha capito cosa era davvero importante per lui, e si è tolto l’armatura, ha rinunciato a combattere i suoi fratelli e ha offerto la sua vita.
Ma perchè ha fatto questo?
Qui vorrei un momento ritornare ai luoghi di San Giorgio: Giorgio era palestinese, quindi conterraneo di Gesù e degli apostoli, è nato ed è morto in quella Terra che ancora oggi vede tanti martiri, tante persone che soffrono a causa della fede. Ricerche recentissime affermano che i cristiani sono i più perseguitati in tutto il mondo.
Perché un cristiano si rende disponibile al martirio?
Qui ci viene in aiuto la parola del Vangelo che abbiamo ascoltato.
Vetrata Cappella Pontificio Seminario Lombardo - Roma
È il racconto di quella settimana da Pasqua all’ottavo giorno successivo, in cui i discepoli di Gesù si sono chiusi dentro il Cenacolo, si sono autosepolti per paura dei giudei. In mezzo a questa congrega di gente impaurita Gesù si presenta in persona, ritorna a loro con i segni della passione, perchè vedano cosa gli è successo, e vedendo le sue ferite riconoscano le loro ferite, quelle prodotte dalla sua morte, dalla loro codardia, dalla loro incapacità di seguirlo, dalla loro paura.
Gesù non va a cercare nuovi discepoli, rimandando a casa coloro che lo avevano abbandonato, ma cerca ancora e di nuovo loro, affidando loro il compito di perdonare chi ha ucciso il loro maestro, perchè senza perdono non c’è vita neanche per loro.
Gesù non li manda a vendicarsi, ma a perdonare. Tommaso però è assente quel giorno, esprime i suoi dubbi, non vuole credere che questo Gesù sia davvero tornato a loro. È il dubbio che assale anche noi, quando ci sentiamo colpevoli: Dio mi perdonerà? Tante volte questo dubbio è così forte che scoraggia alcune persone dal riavvicinarsi ai sacramenti, alla confessione, all’eucaristia. È terribile.
E qui vediamo la paziente pedagogia di Gesù, che dopo otto giorni, si ripresenta, loro sempre a porte chiuse, come se non avessero capito la lezione, e finalmente stavolta c’è anche Tommaso, il quale davanti ai segni della passione esclama: «Mio Signore e mio Dio!». Sono i segni della passione che gli fanno riconoscere il Risorto. Non un annuncio sfolgorante, non miracoli eclatanti, ma i segni dei chiodi sulle mani, sui piedi, sul costato di Gesù.
E Gesù proclama una beatitudine, che fu per Giorgio ed è per noi: «Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Torno alla domanda: Perché un cristiano si rende disponibile al martirio?
Oso dire: perchè crede che Cristo è risorto, perchè riconosce nei segni della passione il grande e definitivo segno della risurrezione.
Il martire non è necessariamente una persona coraggiosa, come lo intendiamo noi (benché si dica che San Giorgio era molto coraggioso, tanto da affrontare un drago, e tante torture). Ma certamente il martire è uno che sa in chi ha posto la propria fiducia, tanto da poter esclamare con sicurezza: Mio Signore e mio Dio!
San Giorgio deve aver visto altri cristiani dare la vita, e avrà certamente percepito la bellezza della vita, la tristezza di lasciarla. Ma questo non l’ha distratto, al momento decisivo, da fare la sua scelta, e dallo scegliere Gesù.
Questa testimonianza, come quella di tanti nostri fratelli e sorelle anche oggi martirizzati, ci incoraggia nelle nostre paure, a volte molto meno serie: il rispetto umano, la paura di apparire deboli se perdoniamo, la paura che gli altri ci giudichino se ci accostiamo alla confessione o alla comunione, se veniamo a Messa.
Paure sciocche, se paragonate al rischio che oggi corrono tante persone pur di andare a Messa la domenica.

E noi, avremo il coraggio di scegliere? Avremo il coraggio di volgerci a Gesù Cristo e dirgli con verità: «Mio Signore e mio Dio» e a vivere di conseguenza? San Giorgio interceda per noi, perchè la nostra fede in Gesù risorto si rafforzi.

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