E
stiamo giungendo alla conclusione della Quaresima, che ci ha fatto
camminare verso una progressiva conoscenza di Gesù: Figlio di Dio,
maestro, uomo di Dio, profeta, Cristo, Figlio dell'uomo e oggi
“Risurrezione e vita”.
Lazzaro
è malato, muore. La gente piange, corre a implorare ai piedi di
Cristo, accusandolo di non far nulla per risolvere il male dell'uomo,
per guarire la sofferenza che colpisce chiunque indistintamente: oggi
la mia famiglia, ieri quella del mio vicino, domani chissà. «Se tu
fossi stato qui!», dicono entrambe le sorelle piangenti.
Lazzaro
è per Gesù «Colui che tu ami», non c'è neppure bisogno che
dicano il suo nome. E ancora: «Gesù amava Marta e sua sorella e
Lazzaro».
La
gente può dire: Vedi
come lo amava... e nonostante ciò... ha dato la vista al cieco, ma
non ha fatto nulla per Lazzaro.
Altro che amore e amore...
«Poiché
non puoi abbandonare quelli che ami», commenta Sant'Agostino
parlando del “ritardo” di Gesù nell'andare a Betania dopo
quattro giorni.
Qui
sta la chiave di lettura della morte di Lazzaro, di ogni pianto e di
ogni sofferenza:
Non enim amas et deseris.
Tu infatti non ami e poi abbandoni!
Il
vero amore non abbandona. Eppure sperimentiamo sovente che pur amando
tanto le persone, non possiamo impedire che soffrano.
La
risurrezione di Lazzaro si manifesta allora come un segno eccezionale
di amore, quasi scandaloso. Perché lui e non tutti i morti di quel
giorno? Di quell'anno? Dall'inizio del mondo?
Perché
è un segno, il segno più potente e centrale della nostra fede, ciò
che celebreremo a Pasqua: Cristo è morto ed è risorto, e un giorno
anche noi risorgeremo. Egli stesso è “uomo dei dolori, che ben
conosce il soffrire”, ed è risurrezione
e vita.
Credi tu questo?
Allora
si aprirà anche il tuo sepolcro, quello dal quale pensi di non poter
più uscire. E nel Suo giorno risorgerai anche tu.
Credi
tu questo?
Pubblicato su Il Portico di Cagliari del 2 aprile 2017
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