Risurrezione: fede
presente o fede futura?
Questa domenica che precede
l'ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, assistiamo al grande
segno della risurrezione di Lazzaro, un segno che ha
dell'incredibile. Altre volte i vangeli sinottici raccontano un
miracolo di risurrezione, ma san Giovanni ci fa assistere a un vero e
proprio percorso di fede dei discepoli e di Marta e Maria, che
possono aiutare anche il nostro cammino di fede.
Per prima cosa notiamo
questo tempo “perso” da parte di Gesù: le sorelle lo avvisano
che “colui che ami sta male”, gli chiedono con insistenza di
andare a guarirlo. Sono amici di Gesù, l'evangelista lo dice più
volte, Gesù era amico di Maria, di Marta, di Lazzaro, andava a casa
loro a Betania. Eppure anche gli amici di Gesù si ammalano e
muoiono.
Questa dilazione di tempo
nell'andare dall'amico morente, noi la vediamo come noncuranza di Dio
della vita e delle sofferenze degli uomini. Perchè non sei
venuto? Hai guarito il cieco, potevi guarire anche Lazzaro? Così
diranno i giudei accorsi alla tomba di Lazzaro.
E ci sembra appunto che
Gesù si disinteressi della nostra vita.
Non è solo una nostra
impressione. Il libro dei Salmi contiene spesso invocazioni da parte
di chi sente di essere stato abbandonato da Dio, sente che Dio ha
voltato la faccia o è addormentato e insensibile alle sofferenze,
sentono il peso di lunghi periodi di dolore, nei quali Dio è
assente. Gesù stesso griderà in croce l'inizio del salmo 21(22):
«Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato?».
Si sperimenta questo senso
di abbandono in quelle situazioni in cui siamo disperati perchè la
sofferenza e il male ci sovrastano. E non ci sono prediche che
valgano a rincuorarci!
Gesù sa tutto questo, e
tuttavia, come domenica scorsa per il cieco, invita ad avere uno
sguardo più profondo sulla realtà: questa malattia “è per la
gloria di Dio”, perchè si manifesti la presenza di Dio attraverso
Gesù, attraverso la sua morte in croce, morte decisa dai capi
proprio dopo questa risurrezione.
Questa risurrezione costerà
cara anche a Lazzaro: i capi dei sacerdoti infatti decidono di
togliere di mezzo anche lui, insieme con Gesù, perchè molti che
hanno visto la sua risurrezione ora stanno seguendo Gesù.
È paradossale che la sua
risurrezione lo metta ora in pericolo di vita: le sue sorelle hanno
insistito perchè Gesù facesse qualcosa, ma non hanno calcolato che
questo gli avrebbe portato dei guai.
Poi c'è Marta. Marta
affronta Gesù: «Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe
morto». Marta
ha una fede un po' magica, mentre il Vangelo di oggi vuole dirci
l'esatto contrario: anche gli amici di Gesù muoiono!
Marta ha anche una fede futura: «So che mio fratello risorgerà
nella risurrezione dell'ultimo giorno». È la fede che talvolta
dimostriamo noi: una fede tutta sbilanciata nel futuro, nel paradiso
(o nell'inferno, spesso con idee distorte!): «Ci sarà qualcuno...»,
diciamo.
Marta poi, e anche Maria in
fondo, vogliono una redenzione senza croce, come tanti
cristiani. È una redenzione tutta umana, basata su una vita senza
problemi, senza preoccupazioni, senza malattie, che non ha nulla a
che fare con Gesù Cristo. È un dio mago, che deve risolvere tutti i
problemi miei e della mia famiglia, e per non sentirci troppo egoisti
spesso aggiungiamo: e di tutto il mondo. E vissero felici e contenti.
La risurrezione cristiana
però non è la porta di sicurezza attraverso cui scappare quando
scoppia un incendio, ma la pienezza di una vita che ha
attraversato la morte.
Similmente, il perdono
sacramentale dei peccati non è una pacca sulla spalla di un amico
che ci dice: «Ma sì, non è successo nulla!», ma è la pienezza di
un peccato vero, commesso da un uomo, una donna veri, che hanno
riconosciuto la propria responsabilità e non possono tornare
indietro da soli dalle sue conseguenze.
Gesù invece chiede a Marta
una fede presente: «Io sono la risurrezione e la vita. Credi
tu questo?». Occorre compiere questo passaggio.
Cosa intendiamo allora noi
quando, come Marta, diciamo «Credo»?
É l'adesione a una formula
o l'adesione a lui?
La base della fede è
un'adesione personale a Cristo qui e ora. Questa adesione mette in
pericolo, mentre la fede generica, la fede futura è ininfluente e
accomodante. Lazzaro ora rischierà la vita molto più di prima
(volevano ucciderlo per eliminare la prova). Se la fede è solo una
questione futura, di inferno o paradiso, se il mio rapporto con Dio
riguarda l'aldilà, ma non riesco a scorgerlo nell'aldiqua, devo
ancora crescere e maturare.
Solo se tutta la nostra
attenzione punta a Gesù possiamo liberarci dalle paure ed essere
liberi. Altrimenti le paure e tristezze umanissime ci distruggeranno
il cuore e non lo faranno più battere per ciò che conta veramente.
Come possiamo percorrere
questo cammino, come fare questo passaggio nella nostra vita, da una
fede magica e futura, a una fede radicata in Cristo e presente?
Fidandoci della sua Parola.
La parola di Gesù infatti,
che non a caso Giovanni chiama fin dall'inizio del suo vangelo Logos,
Verbum,
è una parola efficace, che realizza ciò che dice. Anche noi
desideriamo che le nostre parole producano risultati. Perchè spesso
non lo fanno?
Le parole sono inefficaci e
spesso anche dannose, quando non vengono dalla Parola, quando non
sono originate dalla fonte, impastate di vita e di speranza, ma sono
solo frutto dei nostri ragionamenti, dei nostri giudizi, delle nostre
povere esperienze. Sono frutto nostro, non nascono da un contatto
vivo con Dio. Potranno essere anche parole estremamente religiose,
piene di unzione, ma restano vuote.
Gesù pronunciava parole
vere, non semplicemente parole “religiose”: «Alzati, prendi il
tuo lettuccio e cammina!», «Lazzaro, vieni fuori!». Parole
efficaci perchè sgorgano dal silenzio del rapporto profondo di Gesù
con il Padre: «Padre ti ringrazio di avermi ascoltato. Sapevo bene
che tu sempre mi ascolti!». Quanta
nostra sfiducia sparirebbe se prendessimo sul serio questo rapporto
con il Padre in Gesù Cristo,
e se la nostra preghiera diventasse prosecuzione di questo rapporto
silenzioso, di una relazione che è sempre, e non si limita a momenti
in cui pronunciamo parole o formule ripetute! Allora impariamo la
discrezione nel parlare, e nel pronunciare solo parole che sono
maturate con sapienza nel nostro cuore.
L'eucaristia ci fa
conoscere Gesù come il Veniente,
colui che viene sempre, non in un luogo particolare, ma in questo
tempo, qui
oggi per me e
per la nostra comunità cristiana. Credi tu questo?
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