sabato 1 aprile 2017

Risurrezione: fede presente o fede futura? - Quarantore a Collinas

Risurrezione: fede presente o fede futura?

Questa domenica che precede l'ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, assistiamo al grande segno della risurrezione di Lazzaro, un segno che ha dell'incredibile. Altre volte i vangeli sinottici raccontano un miracolo di risurrezione, ma san Giovanni ci fa assistere a un vero e proprio percorso di fede dei discepoli e di Marta e Maria, che possono aiutare anche il nostro cammino di fede.
Per prima cosa notiamo questo tempo “perso” da parte di Gesù: le sorelle lo avvisano che “colui che ami sta male”, gli chiedono con insistenza di andare a guarirlo. Sono amici di Gesù, l'evangelista lo dice più volte, Gesù era amico di Maria, di Marta, di Lazzaro, andava a casa loro a Betania. Eppure anche gli amici di Gesù si ammalano e muoiono.
Questa dilazione di tempo nell'andare dall'amico morente, noi la vediamo come noncuranza di Dio della vita e delle sofferenze degli uomini. Perchè non sei venuto? Hai guarito il cieco, potevi guarire anche Lazzaro? Così diranno i giudei accorsi alla tomba di Lazzaro.
E ci sembra appunto che Gesù si disinteressi della nostra vita.



Non è solo una nostra impressione. Il libro dei Salmi contiene spesso invocazioni da parte di chi sente di essere stato abbandonato da Dio, sente che Dio ha voltato la faccia o è addormentato e insensibile alle sofferenze, sentono il peso di lunghi periodi di dolore, nei quali Dio è assente. Gesù stesso griderà in croce l'inizio del salmo 21(22): «Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato?».
Si sperimenta questo senso di abbandono in quelle situazioni in cui siamo disperati perchè la sofferenza e il male ci sovrastano. E non ci sono prediche che valgano a rincuorarci!
Gesù sa tutto questo, e tuttavia, come domenica scorsa per il cieco, invita ad avere uno sguardo più profondo sulla realtà: questa malattia “è per la gloria di Dio”, perchè si manifesti la presenza di Dio attraverso Gesù, attraverso la sua morte in croce, morte decisa dai capi proprio dopo questa risurrezione.
Questa risurrezione costerà cara anche a Lazzaro: i capi dei sacerdoti infatti decidono di togliere di mezzo anche lui, insieme con Gesù, perchè molti che hanno visto la sua risurrezione ora stanno seguendo Gesù.
È paradossale che la sua risurrezione lo metta ora in pericolo di vita: le sue sorelle hanno insistito perchè Gesù facesse qualcosa, ma non hanno calcolato che questo gli avrebbe portato dei guai.
Poi c'è Marta. Marta affronta Gesù: «Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto». Marta ha una fede un po' magica, mentre il Vangelo di oggi vuole dirci l'esatto contrario: anche gli amici di Gesù muoiono! Marta ha anche una fede futura: «So che mio fratello risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno». È la fede che talvolta dimostriamo noi: una fede tutta sbilanciata nel futuro, nel paradiso (o nell'inferno, spesso con idee distorte!): «Ci sarà qualcuno...», diciamo.
Marta poi, e anche Maria in fondo, vogliono una redenzione senza croce, come tanti cristiani. È una redenzione tutta umana, basata su una vita senza problemi, senza preoccupazioni, senza malattie, che non ha nulla a che fare con Gesù Cristo. È un dio mago, che deve risolvere tutti i problemi miei e della mia famiglia, e per non sentirci troppo egoisti spesso aggiungiamo: e di tutto il mondo. E vissero felici e contenti.
La risurrezione cristiana però non è la porta di sicurezza attraverso cui scappare quando scoppia un incendio, ma la pienezza di una vita che ha attraversato la morte.
Similmente, il perdono sacramentale dei peccati non è una pacca sulla spalla di un amico che ci dice: «Ma sì, non è successo nulla!», ma è la pienezza di un peccato vero, commesso da un uomo, una donna veri, che hanno riconosciuto la propria responsabilità e non possono tornare indietro da soli dalle sue conseguenze.
Gesù invece chiede a Marta una fede presente: «Io sono la risurrezione e la vita. Credi tu questo?». Occorre compiere questo passaggio.
Cosa intendiamo allora noi quando, come Marta, diciamo «Credo»?
É l'adesione a una formula o l'adesione a lui?
La base della fede è un'adesione personale a Cristo qui e ora. Questa adesione mette in pericolo, mentre la fede generica, la fede futura è ininfluente e accomodante. Lazzaro ora rischierà la vita molto più di prima (volevano ucciderlo per eliminare la prova). Se la fede è solo una questione futura, di inferno o paradiso, se il mio rapporto con Dio riguarda l'aldilà, ma non riesco a scorgerlo nell'aldiqua, devo ancora crescere e maturare.
Solo se tutta la nostra attenzione punta a Gesù possiamo liberarci dalle paure ed essere liberi. Altrimenti le paure e tristezze umanissime ci distruggeranno il cuore e non lo faranno più battere per ciò che conta veramente.
Come possiamo percorrere questo cammino, come fare questo passaggio nella nostra vita, da una fede magica e futura, a una fede radicata in Cristo e presente?
Fidandoci della sua Parola.
La parola di Gesù infatti, che non a caso Giovanni chiama fin dall'inizio del suo vangelo Logos, Verbum, è una parola efficace, che realizza ciò che dice. Anche noi desideriamo che le nostre parole producano risultati. Perchè spesso non lo fanno?
Le parole sono inefficaci e spesso anche dannose, quando non vengono dalla Parola, quando non sono originate dalla fonte, impastate di vita e di speranza, ma sono solo frutto dei nostri ragionamenti, dei nostri giudizi, delle nostre povere esperienze. Sono frutto nostro, non nascono da un contatto vivo con Dio. Potranno essere anche parole estremamente religiose, piene di unzione, ma restano vuote.
Gesù pronunciava parole vere, non semplicemente parole “religiose”: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina!», «Lazzaro, vieni fuori!». Parole efficaci perchè sgorgano dal silenzio del rapporto profondo di Gesù con il Padre: «Padre ti ringrazio di avermi ascoltato. Sapevo bene che tu sempre mi ascolti!». Quanta nostra sfiducia sparirebbe se prendessimo sul serio questo rapporto con il Padre in Gesù Cristo, e se la nostra preghiera diventasse prosecuzione di questo rapporto silenzioso, di una relazione che è sempre, e non si limita a momenti in cui pronunciamo parole o formule ripetute! Allora impariamo la discrezione nel parlare, e nel pronunciare solo parole che sono maturate con sapienza nel nostro cuore.

L'eucaristia ci fa conoscere Gesù come il Veniente, colui che viene sempre, non in un luogo particolare, ma in questo tempo, qui oggi per me e per la nostra comunità cristiana. Credi tu questo?

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