Simulacro di Santa Marina |
Di
Marina di Ourense non abbiamo nessun dato biografico: sappiamo
soltanto che fu martire. E forse questo è tutto: tutta la vita
riassunta nella sua morte in odio alla fede.
Ai
nostri occhi di contemporanei, assetati di notizie biografiche, di
particolari piccanti o anche solo stravaganti su questo o quel
personaggio questo può sembrare insopportabile, quasi offensivo. Gli
antichi usavano talvolta, in mancanza di altro, applicare la vita di
un altro santo, cucendola addosso a uno sconosciuto, ma in fondo per
dirci un'unica cosa, che queste vite di santi martiri hanno un solo
denominatore comune: che hanno preferito farsi uccidere piuttosto che
rinnegare il loro Maestro. Capiamo allora che tutti i miracoli, veri
o presunti, tutte le storie vere o presunte, passano in secondo piano
davanti a questa notizia fondamentale: c'è qualcuno che crede
davvero in Gesù Risorto che è disposto a farsi ammazzare.
E
noi ci chiediamo se questa non è pazzia, perchè sì, si può
credere in Gesù, ma insomma, finchè non mette in discussione le mie
certezze: la mia salute, il mio posto di lavoro, mia moglie, i miei
figli... Possiamo credere a Gesù, certo, ma senza esagerare, anzi:
che ci dia un aiuto per la nostra vita, questo Gesù, che ci metta al
riparo dai problemi, che ci conservi la vita e la salute più a lungo
possibile, e se proprio dobbiamo morire, che tutto sia indolore...
Noi
spesso ragioniamo così. E vorrei dire che ragiona così chi è senza
speranza, e chi non ha nessun motivo per vivere, ma stima la vita
fine a se stessa.
Chi
ha un motivo per vivere invece affronta ogni “come”, ogni
condizione, compresa quella estrema del rischio della vita. Infatti è
proprio perchè aveva un motivo per vivere che Santa Marina ha
accettato il rischio, e con lei i martiri di ogni tempo e di ogni
luogo, anche oggi, in Siria, in Egitto, in Iraq, in Pakistan, e
purtroppo l'elenco è lungo.
Questa
è allora la domanda che oggi ci pone l'esperienza del martirio di
Santa Marina: «Per che cosa vivo io?»
Questa
domanda dovrebbe trafiggerci il cuore, come già agli abitanti di
Gerusalemme, quando Pietro dice loro: «Gesù l'avete crocifisso voi!
Ma Dio lo ha risuscitato». Non c'è nessuna accusa nelle parole di
Pietro, nessuna richiesta di punizione o vendetta. Tutt'altro: le
sue parole suscitano nei giudei che ascoltano una vera contrizione
del cuore, tanto che si chiedono: «Cosa dobbiamo fare?».
E
la risposta che ne ottengono da Pietro e dagli altri apostoli è
semplice: « Convertitevi e fatevi battezzare/immergere nel nome di
Gesù Cristo per il perdono dei peccati».
Ora
qui noi potremmo ritenerci a posto: siamo cristiani, perbacco!
Battezzati da piccoli. Siamo nella strada giusta.
La
questione però non è soltanto aver ricevuto il battesimo, ma
vivere in modo tale che quel battesimo orienti (converta, appunto) la
mia vita. Essere immersi nel nome di Gesù, lasciarci muovere a
camminare orientati soltanto da lui.
Noi
talvolta abbiamo invece la fede di Maria di Magdala che cerca il
corpo del Signore per imbalsamarlo, una fede da museo, fatta di
ricordi passati, di speranze svanite, di pianti irrefrenabili, di
tombe. Vorremmo il Signore come un feticcio: «Hanno portato via il
mio Signore (=cioè il suo corpo) e non so dove lo hanno posto». Non
riconosciamo il Signore che sta vicino a noi, ci accontentiamo di
pezzi da museo. Questa non è una colpa, talvolta la vita, i dolori,
le sofferenze, quella che chiamiamo la nostra croce, ci porta a
reagire così.
Nell'ora
decisiva c'è da credere che anche Santa Marina si sia sentita
rivolgere questa chiamata. Marina: per cosa vuoi vivere? Ti basta
conservare la tua vita e vivere con un Dio morto?
Oppure
vuoi diventare capace di donare la tua vita, di riconoscere in me il
tuo Maestro, costi quello che costi?
Qui
sta la differenza anche per noi oggi, che ho espresso con la domanda:
«Per cosa voglio vivere, per chi voglio vivere?». Tanti cristiani
anche in questi giorni hanno ben chiara questa opzione. Sanno bene
che andare nella loro chiesa a pregare può essere l'ultima cosa che
fanno nella loro vita. Eppure vanno, si riuniscono, pregano,
perdonano i loro persecutori... perciò per loro si ripete quella
esperienza: «Ho visto il Signore!».
Perché
vedere il Signore non è riservato a pochi veggenti, veri o presunti.
«Ho
visto il Signore» è l'esclamazione della fede, di chi partecipa con
convinzione all'eucaristia, di chi ascolta la sua Parola e risponde
«Lode a te o Cristo!», ma noi lo diciamo in modo così distratto
che risulta solo una formula da dire. Così come quando riceviamo il
Corpo del Signore e rispondiamo «Amen!», cioè «Sì, è vero, ti
riconosco, sei tu».
La
nostra fede, che si manifesta attraverso la liturgia, è diventata
una serie di parole vuote.
Paguro |
Lo
so che queste sono esagerazioni, carissimi fratelli e sorelle. Ma
tristemente le esagerazioni spesso manifestano un lato della medaglia
che forse non abbiamo mai visto.
Oggi
la Parola di Dio e la festa di Santa Marina, e la testimonianza di
tanti nostri fratelli e sorelle cristiani sparsi nel mondo mette in
discussione la nostra fede, non per farla vacillare, ma perchè si
rafforzi, maturi, diventi robusta e capace di cogliere le sfide dei
nostri tempi, come Marina colse la sfida dei suoi tempi, perchè ogni
generazione è “perversa” e sempre siamo chiamati a “salvarci”,
cioè a scampare dal “così fan tutti” spesso comodo e in voga.
Il
Signore risorto ci chiama a condividere la paternità di Dio con
tanti fratelli e sorelle, cioè in fondo, ci chiama a riconoscerci
tutti fratelli, tutti salvati e bisognosi di salvezza, ma tutti,
sempre avvolti dalla tenerezza di un Padre che libera dalla morte e
nutre in tempo di fame.
E
allora sarà ancora Pasqua, cioè passaggio, cambiamento, conversione
nella nostra vita, come lo è stato nella vita di Maria di Magdala e
in quella di Santa Marina. E così sia.
Chiesa di Santa Marina - Villanovaforru |
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