martedì 18 aprile 2017

Omelia per Santa Marina a Villanovaforru

Simulacro di Santa Marina
Cosa ha a che fare la vita di una martire con il mistero pasquale che stiamo celebrando in questa Ottava di Pasqua?
Di Marina di Ourense non abbiamo nessun dato biografico: sappiamo soltanto che fu martire. E forse questo è tutto: tutta la vita riassunta nella sua morte in odio alla fede.
Ai nostri occhi di contemporanei, assetati di notizie biografiche, di particolari piccanti o anche solo stravaganti su questo o quel personaggio questo può sembrare insopportabile, quasi offensivo. Gli antichi usavano talvolta, in mancanza di altro, applicare la vita di un altro santo, cucendola addosso a uno sconosciuto, ma in fondo per dirci un'unica cosa, che queste vite di santi martiri hanno un solo denominatore comune: che hanno preferito farsi uccidere piuttosto che rinnegare il loro Maestro. Capiamo allora che tutti i miracoli, veri o presunti, tutte le storie vere o presunte, passano in secondo piano davanti a questa notizia fondamentale: c'è qualcuno che crede davvero in Gesù Risorto che è disposto a farsi ammazzare.
E noi ci chiediamo se questa non è pazzia, perchè sì, si può credere in Gesù, ma insomma, finchè non mette in discussione le mie certezze: la mia salute, il mio posto di lavoro, mia moglie, i miei figli... Possiamo credere a Gesù, certo, ma senza esagerare, anzi: che ci dia un aiuto per la nostra vita, questo Gesù, che ci metta al riparo dai problemi, che ci conservi la vita e la salute più a lungo possibile, e se proprio dobbiamo morire, che tutto sia indolore...
Noi spesso ragioniamo così. E vorrei dire che ragiona così chi è senza speranza, e chi non ha nessun motivo per vivere, ma stima la vita fine a se stessa.
Chi ha un motivo per vivere invece affronta ogni “come”, ogni condizione, compresa quella estrema del rischio della vita. Infatti è proprio perchè aveva un motivo per vivere che Santa Marina ha accettato il rischio, e con lei i martiri di ogni tempo e di ogni luogo, anche oggi, in Siria, in Egitto, in Iraq, in Pakistan, e purtroppo l'elenco è lungo.
Questa è allora la domanda che oggi ci pone l'esperienza del martirio di Santa Marina: «Per che cosa vivo io?»
Questa domanda dovrebbe trafiggerci il cuore, come già agli abitanti di Gerusalemme, quando Pietro dice loro: «Gesù l'avete crocifisso voi! Ma Dio lo ha risuscitato». Non c'è nessuna accusa nelle parole di Pietro, nessuna richiesta di punizione o vendetta. Tutt'altro: le sue parole suscitano nei giudei che ascoltano una vera contrizione del cuore, tanto che si chiedono: «Cosa dobbiamo fare?».
E la risposta che ne ottengono da Pietro e dagli altri apostoli è semplice: « Convertitevi e fatevi battezzare/immergere nel nome di Gesù Cristo per il perdono dei peccati».
Ora qui noi potremmo ritenerci a posto: siamo cristiani, perbacco! Battezzati da piccoli. Siamo nella strada giusta.
La questione però non è soltanto aver ricevuto il battesimo, ma vivere in modo tale che quel battesimo orienti (converta, appunto) la mia vita. Essere immersi nel nome di Gesù, lasciarci muovere a camminare orientati soltanto da lui.
Noi talvolta abbiamo invece la fede di Maria di Magdala che cerca il corpo del Signore per imbalsamarlo, una fede da museo, fatta di ricordi passati, di speranze svanite, di pianti irrefrenabili, di tombe. Vorremmo il Signore come un feticcio: «Hanno portato via il mio Signore (=cioè il suo corpo) e non so dove lo hanno posto». Non riconosciamo il Signore che sta vicino a noi, ci accontentiamo di pezzi da museo. Questa non è una colpa, talvolta la vita, i dolori, le sofferenze, quella che chiamiamo la nostra croce, ci porta a reagire così.
Colosseo (foto Marco Serra)
Ora però il Signore ci chiama: Maria!
Nell'ora decisiva c'è da credere che anche Santa Marina si sia sentita rivolgere questa chiamata. Marina: per cosa vuoi vivere? Ti basta conservare la tua vita e vivere con un Dio morto?
Oppure vuoi diventare capace di donare la tua vita, di riconoscere in me il tuo Maestro, costi quello che costi?
Qui sta la differenza anche per noi oggi, che ho espresso con la domanda: «Per cosa voglio vivere, per chi voglio vivere?». Tanti cristiani anche in questi giorni hanno ben chiara questa opzione. Sanno bene che andare nella loro chiesa a pregare può essere l'ultima cosa che fanno nella loro vita. Eppure vanno, si riuniscono, pregano, perdonano i loro persecutori... perciò per loro si ripete quella esperienza: «Ho visto il Signore!».
Perché vedere il Signore non è riservato a pochi veggenti, veri o presunti.
«Ho visto il Signore» è l'esclamazione della fede, di chi partecipa con convinzione all'eucaristia, di chi ascolta la sua Parola e risponde «Lode a te o Cristo!», ma noi lo diciamo in modo così distratto che risulta solo una formula da dire. Così come quando riceviamo il Corpo del Signore e rispondiamo «Amen!», cioè «Sì, è vero, ti riconosco, sei tu».
La nostra fede, che si manifesta attraverso la liturgia, è diventata una serie di parole vuote.
Paguro
E torniamo a casa non con l'esperienza nel cuore trafitto di aver incontrato il Signore (e di continuare eventualmente a crocifiggere il suo corpo mistico attraverso i nostri comportamenti antievangelici) e col bisogno di conversione, ma con una sicurezza da professionisti della religione, di aver ottemperato al nostro “dovere” cristiano. E anche quel “Atrus annus” che ci scambiamo come augurio di rivederci qui l'anno prossimo, spesso significa soltanto “Ora posso passare un anno tranquillo perchè ho festeggiato la festa di Santa Marina”.
Lo so che queste sono esagerazioni, carissimi fratelli e sorelle. Ma tristemente le esagerazioni spesso manifestano un lato della medaglia che forse non abbiamo mai visto.
Oggi la Parola di Dio e la festa di Santa Marina, e la testimonianza di tanti nostri fratelli e sorelle cristiani sparsi nel mondo mette in discussione la nostra fede, non per farla vacillare, ma perchè si rafforzi, maturi, diventi robusta e capace di cogliere le sfide dei nostri tempi, come Marina colse la sfida dei suoi tempi, perchè ogni generazione è “perversa” e sempre siamo chiamati a “salvarci”, cioè a scampare dal “così fan tutti” spesso comodo e in voga.
Il Signore risorto ci chiama a condividere la paternità di Dio con tanti fratelli e sorelle, cioè in fondo, ci chiama a riconoscerci tutti fratelli, tutti salvati e bisognosi di salvezza, ma tutti, sempre avvolti dalla tenerezza di un Padre che libera dalla morte e nutre in tempo di fame.

E allora sarà ancora Pasqua, cioè passaggio, cambiamento, conversione nella nostra vita, come lo è stato nella vita di Maria di Magdala e in quella di Santa Marina. E così sia.


Chiesa di Santa Marina - Villanovaforru

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